Latam: Pianificazione fiscale ed ottimizzazione dei rischi per una nuova frontiera d'investimento
di Mauro Merola
La crisi economica, che da anni ha colpito l’Europa, ha creato per le aziende italiane e, soprattutto per le PMI, la necessità di individuare nuove frontiere per investimenti nel settore produttivo ed industriale.
In particolare, l’area geografica che ha catturato un crescente interesse è quella denominata Latam, abbreviazione utilizzata per indicare i Paesi latino americani. Tra questi il Brasile può essere considerato la maggiore fonte attrattiva dell’interesse economico dell’industria italiana.
Lo dimostra certamente la presenza significativa di aziende italiane nell’ambito della meccanica, con i suoi svariati segmenti del settore automobilistico e dei servizi. L’insediamento di alcuni grandi gruppi – indicativamente una ventina – come Fiat, Pirelli, Ferrero, Finmeccanica, Telecom Italia, Azimut Benetti, Ternium, Techint, Eni, Enel, Mossi&Ghisolfi, Impregilo, Atlantia, Luxottica, Generali, Marcegaglia, Danieli, Maire Tecnimont, Campari, Alitalia, Almaviva, Ghella, Natuzzi, Maccaferri, Prysmian, consolida il panorama industriale verso settori in cui l’effetto made in Italy riveste un ruolo fondamentale. Il Brasile è un Paese che presenta una crescita costante del PIL nonché un articolato programma di piani di investimento pubblici nelle infrastrutture e di progetti in corso legati ai grandi eventi sportivi del 2014 (FIFA World Cup) e del 2016 (Olimpiadi estive di Rio de Janeiro). Tuttavia, un sistema fiscale assai complesso quale quello brasiliano richiede una preventiva ed opportuna attività di pianificazione fiscale al fine di limitare i rischi derivanti da una scarsa conoscenza del quadro d’insieme e da una eccessiva aggressività nell’approccio all’investimento.
Le imposte sul reddito per le persone giuridiche si articolano su tre livelli: Federale, Statale e Municipale. Le imprese, in particolare, possono scegliere ogni anno, entro la fine del mese di aprile, tra due modelli di tassazione: il sistema del Lucro Real o il sistema del Lucro presumido[i].
Il primo prevede una tassazione calcolata sull’utile dell’impresa al netto di deduzioni di alcuni costi e spese determinati.
Il secondo modello prevede che l’imposta sia calcolata sull’utile lordo della società nei limiti di una percentuale che può variare dall’1,6% al 32% del fatturato, a seconda dell’attività svolta. Non possono beneficiare del Lucro presumido le società residenti con fatturato non inferiore ai R$ 48 MIO (€ 21 MIO) e quelle che svolgono attività prettamente finanziaria.
Adottando detto modello di tassazione, l’impresa avrebbe il vantaggio di poter ridurre il proprio carico fiscale qualora dimostrasse che il valore delle imposte dovute, calcolato secondo il metodo del lucro real, è uguale o inferiore al valore dell’imposta pagata con il metodo presuntivo.
Al contrario, assai più snello appare il sistema fiscale adottato negli altri Paesi del Latam – quali Argentina, Cile, Colombia, Ecuador, Perù – che si sviluppa su un livello esclusivamente federale e che si limita a calcolare l’imposta sull’utile effettivo dell’impresa. Detti Paesi adottano un sistema di Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni che garantisce il riconoscimento di una posizione fiscale paritaria tra imprese domestiche ed imprese non domestiche nonché del metodo del credito d’imposta in luogo di quello di esenzione, disponendo di un sistema fiscale omogeneo, salvo alcune eccezioni.
Una prima eccezione è rappresentata dalla normativa adottata in Ecuador in tema di dividendi prodotti da società residenti, i quali vengono considerati non tassabili in linea generale, a meno che non siano distribuiti a società residenti in paradisi fiscali o a regime fiscale particolarmente agevolato; un approccio altamente vantaggioso per qualsiasi investitore estero, che incasserebbe, in qualità di socio, un dividendo senza alcun gravame impositivo nel Paese della fonte. Una ulteriore eccezione è costituita dalla normativa fiscale argentina relativa ai capital gain, che sono considerati totalmente esenti da qualsiasi forma di imposizione se prodotti da società residenti.
Tuttavia, una corretta analisi delle criticità non può prescindere dalla valutazione anche degli eventuali rischi fiscali in capo a qualunque investitore che decida di promuovere una nuova attività commerciale in detti Paesi.
Il maggiore rischio è legato alla possibilità che parte dei profitti generati da società residenti, ma controllate da aziende straniere, siano tassati oltre che nel Paese della fonte anche nel Paese di residenza della stessa società madre, generando un fenomeno di doppia imposizione generalmente attenuato o eliminato tramite l’applicazione delle Convenzioni bilaterali laddove si delinei una stabile organizzazione (S.O.) in base a quanto disposto dall’OCSE.
È possibile superare detto rischio adottando una forma societaria adeguata quale quella della Subsidiary piuttosto che quella della Branch. La preferenza è determinata dal fatto che – anche se, in detti Paesi i due modelli societari si equivalgono dal punto di vista fiscale, essendo soggetti agli stessi oneri per la gestione contabile/finanziaria ed alla stessa tassazione – la responsabilità legale per le attività svolte dalla singola Branch è estesa anche alla società controllante non residente, determinando di fatto un’unica entità giuridica e fiscale. La Subsidiary, invece, mantiene la propria individualità rispondendo nei limiti del capitale sottoscritto dai soci.
In sintesi, il sistema fiscale brasiliano appare una realtà completamente avulsa dal contesto degli altri modelli fiscali del Latam, presentando una notevole complessità; inoltre, il Brasile non aderisce all’OCSE per questioni di carattere politico, legate principalmente ad una visione molto differente rispetto alle linee guida sostenute dall’organizzazione internazionale e che si rivolgono, principalmente, alla disciplina del c.d. Transfer pricing. L’ordinamento brasiliano con la Legge n. 9430 del 27 dicembre 1996, entrata in vigore dall’1 gennaio 1997, ha adottato regole molto rigide ed in contrapposizione con i dettami delle direttive sui prezzi di trasferimento emanate nel 1995 dall’OCSE e successivamente aggiornate nel 2010. A tal proposito, appare emblematico che la disciplina brasiliana sul Transfer pricing imponga dei margini di profitto fissi in una misura percentuale variabile a seconda dell’attività esercitata, prescindendo del tutto dall’effettuazione dell’analisi di comparabilità prescritta dalle sopracitate direttive. Nel corso del 2012, la normativa brasiliana in tema di Trasfer pricing è stata modificata sensibilmente da alcuni provvedimenti legislativi (i.e., Legge n. 12715 dell’aprile 2012, Legge n. 12766 del dicembre 2012) nonché dalla istruzione normativa n. 1312/2012, che ne ha chiarito gli aspetti applicativi. Le modifiche introdotte hanno innovato soprattutto il Método do Preço de Revenda menos Lucro (PRL), ossia il metodo del “prezzo di rivendita”, considerato il metodo più utilizzato in Brasile per la determinazione del prezzo di trasferimento delle importazioni da imprese associate. Con detto intervento i margini lordi applicabili non sono più distinti in relazione all’attività esercitata dall’importatore ma al settore industriale in cui opera; la misura del margine varia dal 40% per le industrie farmaceutiche al 20% per i settori residuali.
Contrariamente gli altri Paesi del Latam, in tema di Trasfer pricing, dimostrano la volontà di adeguare il sistema fiscale nazionale agli standard OCSE.
Alla luce di quanto riportato, emerge la necessità che, nel caso in cui un investitore straniero pianifichi la realizzazione di un insediamento commerciale o produttivo nel Latam, si valutino preventivamente, assieme alle esigenze di business, anche i benefici ed i rischi fiscali che derivano dall’operazione. In questa fase, in particolare, è possibile definire in concreto il proprio piano d’investimento attraverso la consulenza ottenuta in loco, verificando l’applicazione dei trattati e delle norme interne.
Note
1 Cfr. Del Federico L. (2005), Fiscalità internazionale, Agevolazioni fiscali per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali nel Nordest del Brasile, vol. 3, n.5, pp. 426 -431.