Riflessioni sulla responsabilità del liquidatore alla luce delle modifiche apportate dal decreto semplificazioni fiscali
Tra le recenti ed importanti novità apportate dal Decreto semplificazioni fiscali un aspetto rilevante concerne le responsabilità previste per liquidatori, ex amministratori e soci.
Ci soffermeremo ad analizzare il comma 5 dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 175 del 21 novembre 2014 , che modifica una precedente disposizione (art. 36, D.P.R. n. 602/1973) in tema di responsabilità ed obblighi dei liquidatori delle Società.
Questa ultima ipotesi riguarda tutti i casi in cui siano stati soddisfatti i soci a danno dei crediti tributari oppure se questi ultimi siano stati soddisfatti in maniera inferiore in violazione dell’obbligo di rispettare il grado di privilegio dei crediti.
La responsabilità degli amministratori riguarda l’ultimo biennio di gestione e prende in considerazione le eventuali operazioni di liquidazione o di occultazione di documenti inerenti l’attività Sociale.
Questo comportamento fraudolento può svolgersi anche mediante l’omissione delle scritture contabili.
L’ultima ipotesi analizzata dal recente Decreto riguarda la responsabilità dei soci che sempre nell’ultimo biennio di imposta precedente alla messa in liquidazione abbiano ricevuto denaro o altri beni in assegnazione.
Aspetto rilevante concerne la motivazione che l’amministrazione deve notificare pertanto questo tipo di responsabilità non sarà accertata automaticamente ma solo previo atto motivato dell’amministrazione (in seguito vedremo che questo è uno dei tanti aspetti che rende questo Decreto legislativo poco chiaro).
Ci si interroga se il tipo di credito avrà natura civilistica oppure fiscale? Prendendo in considerazione il d.p.r. 602/1973 emerge chiaramente la natura civilistica dello stesso dal momento che viene considerato un titolo autonomo rispetto all’obbligazione tributaria la quale altro non sarebbe che un presupposto della medesima responsabilità.
Questa precisazione si rende necessaria per chiarire la natura della obbligazione tributaria che rappresenta un debito distinto e l’obbligato risulterà del tutto estraneo al procedimento finalizzato ad accertare il debito stesso. In sostanza i Liquidatori, cosi come amministratori e soci, saranno responsabili allorquando l’imposta sarà definitivamente accertata nei confronti della Società e i tributi saranno tutti quelli iscrivibili a ruolo (ulteriore aspetto poco chiaro della norma).
In riferimento all’onere probatorio il Decreto legislativo ha previsto una inversione a sfavore soggetti ritenuti responsabili vale a dire Liquidatori, amministratori e soci.
Resta confermata l’ipotesi in cui i Liquidatori inadempienti risponderanno in proprio del pagamento delle imposte (anche se non è chiaro a che titolo e soprattutto perché non debba sussistere una sorta di responsabilità solidale – e pertanto i Liquidatori potrebbero addirittura vantare il diritto alla rivalsa nei confronti del debitore originario) dovute per il periodo di liquidazione e per i periodi precedenti.
Quanto predetto non troverà applicazione se si riuscirà a dimostrare di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai singoli soci o di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.
Il valore di questi beni sarà considerato proporzionalmente equivalente alla quota detenuta dal socio a meno che quest’ultimo riesca a provare il contrario e il patrimonio preso in esame della Società sarà considerato quello all’inizio della liquidazione.
È importante rilevare che le suddette condizioni dovranno avvenire prima che la Società venga definitivamente cancellata dal registro delle imprese.
Questa disposizione contrasta la normativa attuale che a partire dalla nota riforma del diritto societario del 2004 prevede all’art. 2495 che “Approvato il bilancio finale di liquidazione, i Liquidatori devono chiedere la cancellazione della Società dal registro delle imprese. Ferma restando l’estinzione della Società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei Liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della Società.”
Il Decreto in esame invece lascia sopravvivere una Società cancellata ancora per cinque anni al sol fine di consentire al Fisco di effettuare un’attività di accertamento infatti, si prevede espressamente che “ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della Società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”.
La posizione dell’Amministrazione Finanziaria appare fortemente agevolata sia perché essa differentemente da quello che accade in ambito societario non deve provare che il comportamento dei soggetti responsabili sussista a titolo di dolo colpa.
Basterà,infatti, dimostrare semplicemente che sussistano i presupposti oggettivi ossia:
- a) sussistenza di debiti tributari certi e definitivi a carico della Società
- b) attività di liquidazione esistente
- c) distrazione dei beni o del denaro avvenuta per finalità diverse dal pagamento delle imposte dovute.
Il Decreto semplificazioni quindi fa rivivere una Società inesistente ma, cosa ben più grave, non chiarisce alcuni aspetti ossia:
- quali sono le imposte prese in considerazione? La Legge in maniera vaga fa riferimento solo ad “imposte dovute” anche se l’obbligo del pagamento riguarda l’art. 36, D.P.R. n. 602/1973 relativo alle sole imposte sul reddito, Il Legislatore prende in considerazione tutte le imposte senza considerare il fatto che nel Decreto non se ne faccia alcun cenno
– l’Agenzia delle Entrate accerta la responsabilità con un “atto motivato” quindi non con un atto di accertamento e questo,pertanto, potrebbe essere qualificato come un mero atto finalizzato semplicemente a contestare le carenze del Liquidatore nell’esercizio delle proprie attività . L’atto in questione invece, secondo il Legislatore, deve essere impugnato dinanzi ai Giudici Tributari.
– a che titolo è sanzionabile la condotta del Liquidatore?
Da una lettura del Decreto semplificazioni emergono quindi delle serie criticità che il Legislatore dovrebbe urgentemente sanare o quantomeno motivare per evitare che l’Amministrazione Finanziaria possa trovarsi in una posizione fin troppo tutelata.