Diritto

La mera sottoscrizione della dichiarazione ai fini IVA non basta a fondare la responsabilità per l’omesso versamento dell’imposta

di Andrea Orabona

Degne di interesse – per gli interpreti del diritto penale/tributario – appaiono le motivazioni sottese alla recente sentenza R.G. n. 11210/13 del 14 ottobre 2013, depositata in cancelleria il 7 novembre 2013, con cui la II sezione penale del Tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha mandato assolto il Presidente del Consiglio di Amministrazione di una società a responsabilità limitata dal reato di omesso versamento dell’I.V.A. – dovuta dalla persona/giuridica in base agli elementi rappresentati nella dichiarazione annuale d’imposta sul valore aggiunto ex art. 10 ter D. Lvo 74/2000.

Invero, e senza soluzioni di continuità rispetto a quanto già statuito in precedenti pronunce d’assoluzione (v. Trib. Milano, III sezione penale, n. 8679/12, dep. 13/7/2013), l’Autorità giudicante Meneghina ha concluso per l’insussistenza del reato/tributario in commento nei confronti dell’amministratore di una società di capitali con funzioni di mera “testa di legno”, ovvero, del soggetto/firmatario” della dichiarazione fiscale trasmessa in ragione d’anno all’Agenzia delle Entrate in nome e per conto dell’impresa legalmente rappresentata.

In particolare, ed attraverso un’inappuntabile valorizzazione degli elementi probatori acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale di Milano ha ritenuto di escludere l’elemento soggettivo del dolo generico richiesto per l’integrazione del delitto di omesso versamento dell’I.V.A., concludendo per l’inconsapevolezza in capo all’amministratore di diritto – peraltro privo di deleghe operative e/o funzionali allo svolgimento dell’attività d’impresa – del complessivo debito d’imposta gravante sulla società in misura superiore alla soglia di punibilità stabilita in Euro 50.000,00 ai sensi dell’art. 10 bis D. Lvo 74/2000.

Invero, l’Organo monocratico ha accolto in toto la tesi introdotta dalla difesa dell’imputato sull’estraneità del Presidente del Consiglio di Amministrazione dalla direzione della società debitrice d’imposta, assegnando particolare rilievo -fra l’altro- al mancato compimento di atti di natura tipicamente gestoria nel corso dell’annualità fiscale di riferimento, all’assenza di deleghe di funzioni e/o di poteri di firma sui conti correnti dell’impresa e, fatto ben più importante, alla natura gratuita e, dunque, marcatamente onorifica dell’incarico assunto in seno alla compagine rappresentata.

Da qui, la pronuncia di una sentenza di proscioglimento nell’interesse dell’imputato – con la formula ampiamente liberatoria del “per non aver commesso il fatto” – ed il contestuale invito al Pubblico Ministero nel rivolgere l’imputazione fiscale a carico degli altri membri del Consiglio di Amministrazione della società – peraltro specificamente delegati all’attività di amministrazione del core business d’impresa e, dunque, presumibilmente consapevoli dell’insorgenza di un debito annuo d’imposta sul valore aggiunto superiore ad Euro 50.000,00,  unitamente all’obbligo del relativo versamento entro il termine di consumazione del reato stabilito dall’art. 6 L. 405/1990.

Per l’effetto, il Presidente del Consiglio di Amministrazione di una società di capitali non potrà ritenersi penalmente responsabile dell’illecito fiscale ex art. 10 ter D. Lvo 74/2000 per il sol fatto di aver sottoscritto la dichiarazione annuale “I.V.A.” – successivamente trasmessa all’Agenzia delle Entrate – imponendosi contrariamente il positivo accertamento in capo all’amministratore di diritto del dolo generico di fattispecie, quivi identificato nella coscienza e volontà di omettere la corresponsione del complessivo debito d’imposta sul valore aggiunto maturato in ragione d’anno dalla società legalmente rappresentata.

D’ora in poi, i Sostituti Procuratori della Repubblica dovranno rivolgere maggiore attenzione – sin dalla fase delle indagini preliminari – all’acquisizione di elementi maggiormente probanti della responsabilità dell’amministratore di diritto per i reati commessi nella gestione dell’attività d’impresa svolta in forma societaria – onde evitare inutili istruttorie dibattimentali ed il conseguente pericolo di estinzione per prescrizione dei reati tributari in beneficio dei reali ed effettivi responsabili.