Voluntary Disclosure: cosa potrebbe cambiare
(di Mauro Merola)
La voluntary disclosure è un procedimento di “pacificazione fiscale” tra il contribuente e l’Amministrazione, ad iniziativa del contribuente stesso. Nato negli Stati Uniti negli anni ’90, è tornato d’attualità nei programmi di emersione per i depositi esteri promossi da vari Paesi europei.
Il pregio della voluntary disclosure consiste nel valorizzare l’atteggiamento collaborativo del contribuente, che, rendendo ammissione piena e veritiera delle violazioni commesse,può beneficiare della riduzione delle sanzioni amministrative edella esclusione della punibilità penale per tutti i reati dichiarativi, compresi quelli fraudolenti.
Anche l’Italia sta per dotarsi di detto strumento come è ampliamente testimoniato dal testo di legge approvato in data 16 ottobre 2014 dalla Camera dei Deputati (i.e., DDL Stabilità) ed atteso al giudizio del Senato.
La strada scelta è quella della procedura contraddittoria, certamente più gravosa rispetto a quella rappresentata dal ravvedimento operoso,che permette di regolarizzare la posizione del contribuente attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa.
L’istituto del ravvedimento operoso, come previsto dal testo di legge contenuto nel DDL Stabilità in corso di approvazione, subirà dei cambiamenti rilevanti rispetto alla vecchia formulazione della procedura ex art. 13 del dlgs 472/97. Infatti, Il nuovo ravvedimento sarà attivabile per tutte le annualità per le quali il potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria non risulta colpito da decadenza, anche nel caso in cui siano state avviate attività istruttorie come accessi, ispezioni e verifiche.
Al contrario, nella voluntary estera, l’onere documentale a carico del contribuente è alquanto gravoso: si va dalla produzione degli estratti conto relativi ai rapporti i cui saldi non sono stati indicati nel quadro RW, alla ricostruzione di prelevamenti e versamenti ed alla dimostrazione dell’origine della provvista estera non dichiarata. Tutto ciò comporta una notevole esposizione del contribuente nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria ed un carico di attività complesse da realizzare e di costi di compliance, che potrebbero essere più alti di quanto ci si attende.
Tuttavia, anche se rispetto ad altre formule citate appare più gravosa la posizione del contribuente relativamente alla fase del contradditorio, la voluntary disclosure ha la peculiarità di garantire l’esclusione della punibilità per tutti i reati tributari dichiarativi, compresi quelli fraudolenti – restano punibili solo l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la distruzione o occultamento di scritture contabili – il riciclaggio e l’autoriciclaggio aventi ad oggetto i fondi emersi nell’ambito della procedura.
L’ampiezza delle coperture penali della collaborazione volontaria dipende proprio dalla natura confessoria della procedura, in cui l’assunzione di responsabilità da parte del contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate è considerato un elemento premiale dal legislatore ai fini dell’esclusione della punibilità penale.
L’istituto del ravvedimento, anche nella sua nuova formulazione,si basa, di contro, su una dichiarazione di scienza, sempre modificabile e ritrattabile, che può essere presentata anche quando sono iniziati accessi, ispezioni e verifiche.
Per quanto detto, il nuovo ravvedimento non è assistito da coperture penali proprio perché manca la dichiarazione confessoria del contribuente che è alla base dell’istituto della voluntary disclosure.
Infatti, la presentazione di una dichiarazione integrativa non tutela il contribuente dal rischio che possa essere configurato ai suoi danni il delitto di autoriciclaggio nel caso di movimentazione delle somme depositate all’estero in modo tale da spezzarne la tracciabilità; in conclusione, l’istituto del nuovo ravvedimento deve fare i conti con il delitto di autoriciclaggio che si configura in caso di operazioni tendenti a dissimulare la provenienza delittuosa di somme.
In conclusione, la voluntary disclosure non può essere analizzata correttamente se non attraverso un confronto costruttivo con il nuovo ravvedimento operoso. Premesso che al momento la sfera di applicazione dell’istituto è limitata ai soli redditi ed ai capitali di origine estera, appare interessante la ratio che lo sottende.
Infatti, la volontà del legislatore sembra quella di voler sviluppare una nuova dialettica tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria, in grado di garantire alla Stato il recupero di nuove entrate in cambio di maggiore elasticità nei confronti di coloro che abbiano operato azioni qualificabili fiscalmente come elusive ed evasive.
Soltanto il futuro ci permetterà di verificare quali effetti detto istituto potrà garantire e se la ratio della voluntary disclosure potrà rappresentare il nuovo approccio dei rapporti tra l’Amministrazione Finanziaria ed il contribuente.