Credito alla ricerca e sviluppo: giù le mani dalla tutela del legittimo affidamento
Con la sentenza n. 7215/4/2024, depositata in data 28 novembre 2024, la Corte tributaria romana sovraordinata torna ad occuparsi di credito alla ricerca e sviluppo; tematica, ormai da qualche anno, al centro dei dibattiti degli operatori specializzati quanto ai requisiti di spettanza.
Il caso, già risolto a favore del contribuente dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado, riguardava una società operante nel mondo dei distillati e dei liquori, che aveva finanziato un progetto nel corso del periodo d’imposta 2016 e calcolato il relativo credito nella dichiarazione dei redditi 2017.
Sulla base delle indicazioni interpretative fornite dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/E del 2026, coeva alla “nascita” del credito, lo stesso risultava spettante per l’impresa che avesse realizzato un processo, un prodotto, un software che avesse comportato un’innovazione scientifica o tecnologia a beneficio dell’impresa stessa, alla luce delle indicazioni fornite con il “Manuale di Oslo”.
Soddisfacendo a tale criterio, la società appellante aveva fruito del suddetto credito d’imposta e si era resa, successivamente, destinataria dell’atto di recupero da parte dell’Ente impositore.
A partire, infatti, dal 2018, a seguito dell’emanazione di una circolare del MISE, l’Agenzia delle Entrate aveva mutato in itinere il proprio indirizzo interpretativo, stabilendo che la valutazione delle attività di ricerca e sviluppo idonee a far maturare il diritto al relativo credito d’imposta avrebbe dovuto essere condotta in base al “Manuale di Frascati”, ai sensi del quale l’investimento agevolabile deve comportare un superamento scientifico o tecnologico che apporti un beneficio per l’intera comunità scientifica
Nonostante il cambio di indirizzo interpretativo fosse successivo ai comportamenti fiscalmente rilevanti posti in essere dai contribuenti, con riferimento all’annualità d’imposta 2016, l’Ente impositore aveva provveduto al recupero dei crediti d’imposta dagli stessi fruiti in contrasto con i criteri fissati dal citato Manuale di Frascati, scatenando la critica di tutti gli operatori (oltreché della stampa) specializzati.
Neppure la c.d. “sanatoria” consistente nella possibilità di riversamento spontaneo del credito d’imposta considerato non in linea con le indicazioni fornite dal Manuale di Frascati aveva sedato gli “animi”, costringendo, comunque, i contribuenti a riversare un’agevolazione (sebbene senza patire le pesanti sanzioni previste per l’utilizzo del credito non spettante o, peggio ancora, inesistente) fruita ponendo legittimo ed incolpevole affidamento nello status quo normativo ed interpretativo al tempo vigente.
Solo nel 2020, con la Legge di Bilancio (i.e. Legge 27 dicembre 2019, n. 160) che ha introdotto il “nuovo” credito alla ricerca e sviluppo, si supera quell’incertezza normativa che era derivata dal richiamato mutamento di indirizzo , stabilendo, in maniera chiara che: (i) la spettanza del credito risulti stabilita in base alle indicazioni del Manuale di Frascati (e non di quelle del Manuale di Oslo; con la sola deroga dell’innovazione tecnologica 4.0); (ii) ma che, tuttavia, tali indicazioni possano essere applicabili con decorrenza solo a partire dai periodi d’imposta successivi al 2019.
I Giudici romani, dopo aver ricostruito tutta stratificazione normativa ed interpretativa, per come anzi sintetizzata, si pronunciano, anche in sede di gravame, con statuizioni lapidarie, finalizzate a fare salvo il principio dell’affidamento incolpevole e, quindi, c.d. legittimo, alla luce del quale “il mutamento dell’indirizzo interpretativo di una norma tributaria non può essere utilizzato retroattivamente a carico del contribuente, che ha legittimamente operato secondo le disposizioni vigenti all’epoca della presentazione della dichiarazione dei redditi”.
La sentenza di primo grado viene, quindi, confermata, con la citata sentenza di appello e la tutela di un principio garantista per il contribuente (il più importante, forse, unitamente alla buona fede) risulta presidiata.
Non ci resta che attendere di vedere se così la pensa – come ci si augura – anche il giudice delle Leggi!
Avv. Serena Giglio
Avvocato patrocinante in Cassazione