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Anche nelle operazioni di classamento catastale a carattere “diffuso” è d’obbligo motivare adeguatamente l’atto impositivo

Con la recentissima Ordinanza n. 4858 del 24 febbraio 2020, la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi sulla questione sottoposta alla sua attenzione, ha enunciato un innovativo principio di diritto: in tema di classamento, l’Amministrazione Finanziaria – sebbene nell’ambito di un’operazione di classamento a carattere diffuso –  è tenuta a motivare l’atto tributario di rideterminazione dei dati catastali, adottato ai sensi dell’art.1, comma 335, della L. 311/2004, specificando non solo i parametri di legge generali ma anche tutti le ragioni di fatto e di diritto (oltre agli eventuali provvedimenti amministrativi) su cui l’atto si fonda, consentendo così al contribuente di evincere gli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento e ponendolo nella condizione di conoscere, ex ante, le ragioni che giustificano l’atto di cui è destinatario.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento catastale, ricevuto da una Società proprietaria di una struttura ricettiva nella Capitale, con il quale l’Agenzia del Territorio rideterminava il classamento ed aumentava, di conseguenza, la rendita catastale dell’unità immobiliare di proprietà della Società stessa.

La società contribuente impugnava l’avviso di accertamento catastale, adducendo, in via preliminare, il difetto di motivazione dell’atto tributario e, comunque sia, nel merito, l’erroneità della revisione (i.e. aumento) della rendita catastale dell’immobile, stante lo stato di degrado, noto a tutti, del quartiere Esquilino, in cui si trovava lo stesso.

La Società otteneva pronuncia sfavorevole sia dalla C.T.P che dalla C.T.R. Quest’ultima, in particolare, motivava il rigetto adducendo l’esaustività della motivazione dell’avviso di accertamento, seppure recante la sola indicazione delle disposizioni normative utilizzate dall’Ufficio ai fini della revisione catastale.

La Società presentava, dunque, ricorso per Cassazione, lamentando (come aveva già fatto nei gradi di merito) l’erronea interpretazione, da parte dei Giudici di seconde cure, delle disposizioni normative in tema di motivazione dell’atto tributario, evidenziando come, nel caso di specie, l’atto di revisione dell’Ufficio fosse privo degli elementi che, in concreto, avrebbero inciso sulla rideterminazione dei dati catastali dell’immobile di proprietà della ricorrente.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso presentato dalla società  contribuente, poiché sussiste un generale obbligo di motivazione degli atti impositivi che assume, secondo il parere dei giudici di legittimità, una connotazione ancora più ampia nell’ipotesi in cui l’Ente impositore muti d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita.

Tale obbligo di motivazione – viene rammentato – deve soddisfare il principio di cui all’art.7 della L. 212/2000 (Statuto del contribuente), che a sua volta richiama l’art. 3 della L. 241/1990, in forza del quale l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

In materia catastale, in particolar modo, il massimo Guidicante ha ritenuto che la componente motivazionale debba addirittura subire una “dilatazione”, giustificata dal fatto che il nuovo classamento va ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità ed è, quindi, opportuno mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione.

Una simile interpretazione non può che essere condivisa.

Il contribuente, infatti, ha sempre diritto di conoscere le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda un atto dell’Amministrazione Finanziaria di cui è destinatario, non essendo sufficiente – contrariamente a quanto asserito dai Giudici della C.T.R – il mero riferimento alla normativa generale in base alla quale l’atto è stato emanato.

Dunque, il Giudice delle Leggi, con la pronuncia oggetto del presente commento, ha ristabilito la corretta applicazione delle disposizioni normative in tema di classamento catastale, giungendo addirittura ad entrare nel merito della questione e a pronunciarsi (in via, com’è noto, d’eccezione) quale giudice del fatto e risolvendo la vicenda totalmente a favore della società  contribuente.

( A cura degli avvocati Serena Giglio e Ilaria Giglio)


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