Fisco Criminologia Tributaria

La pianificazione fiscale internazionale

(a cura della Redazione)

I delitti tributari sprigionano passioni ed emozioni, seppur non di immediata percezione, che inevitabilmente formano il pensiero dei consociati, nella loro veste di rei o vittime dei reati. E’ quel sentire collettivo che viene veicolato dalla politica per costruire la risposta punitiva.

La sensazione è che lo Stato abbia perso il monopolio dell’azione di contrasto ai fenomeni di criminalità tributaria. La paura, lo sdegno entrano infatti prepotentemente nella politica (non c’è Destra o Sinistra che tenga) e saranno in futuro tanto più temibili quanto più sparsi si presenteranno nella società, restando privi di un chiaro indirizzo strategico.

Tali sentimenti, se posti alla base dell’azione legislativa, non possono che contribuire a caratterizzare una sfera penale sanzionatoria che funzioni da mero deposito di sicurizzazione, con connotazioni più propagandistiche che sostanziali.

Dal punto di vista criminologico, il rapporto tributario è un insieme di rischi, vulnerabilità e opportunità criminali, che possono essere sfruttate dal tax payer o chi per esso, in danno dell’Erario.

In un mondo sempre più globalizzato, ben si potrebbe parlare di una vera e propria “speculazione tributaria”, allorquando la fiscalità assume una tale strategicità da salire a livello di consiglio di amministrazione di una società.

Stando ai dati raccolti ogni anno da Guardia di Finanza ed Agenzia delle Entrate, l’estero costituisce terreno fertile per il dilagare di fenomeni evasivi o elusivi e, più precisamente, la strada dell’estero, oggi, non è solo percorribile ma risulta ampiamente preferibile dal criminale evasore, persona fisica o giuridica che sia.

La pianificazione fiscale internazionale, insomma, da semplice opportunità è divenuta, col tempo, una vera e propria necessità per le imprese, le quali avvertono sempre più l’esigenza di usufruire delle possibilità economiche, anche fiscali, offerte dagli altri ordinamenti giuridici.

Simili iniziative – va precisato – non sono a priori da condannare, se ci si struttura in una dimensione internazionale agendo nel rispetto delle norme e dei principi.

Il punto è proprio questo: una sana e lecita pianificazione è cosa ben diversa da fenomeni di criminalità economica e tributaria.

Il rischio di confusione è però elevato: dato lo scenario di grande rilevanza dei rapporti con l’estero, il pericolo di contestazioni di violazioni penali tributarie in relazione ad operazioni internazionali è, quanto mai, concreto.

In questo contesto, sembrerebbe che gli sforzi vadano profusi in sede di preparazione del tax planning, al fine di porre le basi per una proficua difendibilità della stessa nell’eventuale procedimento penale. Limitarsi ad intervenire solo ex post potrebbe rivelarsi non sufficiente, dato il confine incerto tra politiche virtuose di tax governance e strategie speculative di aggressive tax planning.

La partita si gioca allora, dal lato del contribuente, sulla dimostrabilità ai verificatori della liceità della pianificazione fiscale posta in essere, attraverso modelli di tax governance che consentono di essere trasparenti. Dal lato del Fisco, occorre una proiezione a livello internazionale dell’attività di controllo fiscale, con particolare riguardo alla fase preventiva più che a quella repressiva.

In tale prospettiva, lungo il percorso intrapreso dalla Guardia di Finanza volto al miglioramento del processo di selezione dei soggetti da sottoporre a controllo, è auspicabile e, comunque, altamente probabile che le operazioni di rilievo internazionale costituiscano alert di rischio.

Nel processo di selezione dei contribuenti, due sono i fattori di cui si tiene normalmente conto:

  • pericolosità fiscale del contribuente;
  • probabilità di ottenere un ristoro per l’Erario.

Maggiore sarà il valore di questi indici, più alta sarà la possibilità di entrare a far parte del “magazzino” del Fisco, tra le posizioni a rischio individuate.

Non è escluso, inoltre, che la valorizzazione ai fini fiscali si possa estendere alle eventuali risultanze acquisite nel corso di ispezioni o controlli antiriciclaggio: così, ad esempio, il coinvolgimento di liberi professionisti o studi professionali in operazioni di pianificazione fiscale internazionale, se poste in essere con chiari intenti evasivi o elusivi, potrà rappresentare qualificata fonte di innesco.

Peraltro, la pericolosità fiscale rileva anche nella prospettiva degli accertamenti patrimoniali: il riferimento è al frequente ricorso agli strumenti previsti dalla normativa antimafia, la cui estensione, grazie ai provvedimenti legislativi susseguitesi nel tempo, comprende ormai anche reati comuni, inclusi quelli di natura tributaria.

Nondimeno, le investigazioni economico-patrimoniali presentano significative interrelazioni e convergenze con l’azione volta al contrasto di fenomeni di base erosion, tenuto conto che il possesso di patrimoni e capitali di valore sproporzionato rispetto alle attività economiche svolte spesso deriva proprio da forme illegali di sottrazione di materia imponibile ai fini tributari.

Dato il quadro, non parrebbe fuori luogo lavorare per allentare le morse della giustizia riparativa, scoraggiando i molteplici fenomeni di base erosion attraverso la previsione di idonei meccanismi premiali per quelle società che elaborano lecite e corrette pianificazioni fiscali. In sostanza, più che imbrigliare il criminale evasore in una fitta rete di norme punitive, potrebbe risultare preferibile limitare lo spazio di manovra dello stesso inducendolo – parimenti sul piano normativo – a scelte maggiormente trasparenti. Insomma, rendere appetibile la lecita pianificazione fiscale per ridurre le spinte criminogene del potenziale evasore, così da indurlo a sposare la strada della trasparenza.

La possibilità di gestire la liquidità che viene drenata attraverso processi di minimizzazione dei rischi fiscali per poterla poi reinvestire è un sogno che viene rincorso proprio quando si decide di pianificare. Ecco dunque perché nuove regole si rendono necessarie per rendere preferibile una pianificazione che parte dal business piuttosto che una pianificazione che muove da ragioni di convenienza impositiva.

La questione – si intuisce – è molto più complessa, in quanto la fattibilità di simili iniziative sarebbe tutta da verificare, ma ciò che preme, ai fini che qui rilevano, è indurre un cambio di rotta nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale, sensibilizzando l’opinione pubblica su punti troppo a lungo trascurati.

E’ il più ampio tema della legge come strumento attraverso il quale l’individuo si emancipa e si realizza; il che è l’esatto opposto di ciò che usualmente accade: la legge come strumento di castrazione.

La valorizzazione delle attività di pianificazione fiscale internazionale e del sistema di fraud audit delle società si presterebbe ad incarnare questo nuovo modo di misurarsi con la legge, non più origine di limitazioni ma di concrete possibilità.

Peraltro, lo spostamento della lotta all’evasione e all’elusione fiscale all’interno delle aziende, con l’Introduzione di un adeguato sistema di meccanismi premiali avrebbe anche un secondo effetto benefico, nella misura in cui aumenterebbe l’attrattività dell’Italia nelle scelte di localizzazione delle imprese multinazionali.

Ricapitolando, questi i primi punti da approfondire per una efficace azione di contrasto ai diffusi fenomeni di criminologia tributaria:

  • attenzione alla fase di preparazione del tax planning;
  • previsione di un sistema di meccanismi premiali per le società che si avvalgono di modelli di pianificazione fiscale ad elevato standard qualitativo;
  • sviluppo di un diritto penale tributario di sistema, di chiara matrice preventiva, in grado di scoraggiare le forme criminose di mismanagement aziendale.

Nell’attuale contesto di crisi economica e finanziaria, si modificano le modalità di espressione delle spinte criminogene del contribuente e, partendo da tale consapevolezza, è bene che vada rimodulata l’azione normativa di contrasto.

Non possiamo continuare ad affrontare il tema della legge, senza considerare che le leggi possono essere estremamente diverse.

Frequentemente, infatti, si identifica la legge con la sanzione e ciò origina dalla convinzione, diffusa e sbagliata, che è un bene che esista il diritto penale repressivo.

La commissione di un reato di natura tributaria produce un conflitto, alla pari di qualsiasi altro tipo di reato, ma affidarsi unicamente alla giustizia riparativa per gestire ciò che avanza di questo conflitto appare – perlomeno in ambito tributario – alquanto riduttivo.