Riforma degli interpelli: maggiore certezza nei rapporti tra fisco e contribuente
(di Serena Giglio e Chiara Lo Re)
Dal 1°gennaio 2016, con il D. Lgs. 24 settembre n. 156 recante “Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario” entrerà in vigore la nuova disciplina degli interpelli che, assicurerà una serie di vantaggi al contribuente, tra cui, in primis, la celerità nei tempi di risposta da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Scopo della riforma è quello di restituire all’interpello la funzione di strumento di dialogo privilegiato e qualificato del contribuente con l’Amministrazione finanziaria, garantendo una maggiore omogeneità nelle regole procedurali applicabili, anche ai fini della tutela giurisdizionale, assicurando maggiore tempestività nella redazione dei pareri, ed eliminando le forme di interpello obbligatorio nei casi in cui questi non producano benefìci ma solo aggravi per i contribuenti e per la stessa Amministrazione finanziaria.
Le principali novità che saranno introdotte dal 1°gennaio 2016 si sostanziano:
- nel riconoscimento del diritto di interpello in tutte le sue forme all’interno dell’art. 11 della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. “Statuto dei diritti del contribuente”);
- nella riduzione dei tempi di risposta alle istanze presentate dal contribuente che, per l’interpello ordinario, passeranno da 120 a 90 giorni, mentre per tutte le altre tipologie di interpello, la risposta dovrà essere comunicata entro 120 giorni;
- nella previsione di regole speciali, sia nella fase dell’accertamento che in quella contenziosa, per gli interpelli disapplicativi.
Il riformato articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente (recante “Diritto di interpello”), individuerà quattro diverse tipologie di interpello:
- ordinario (art. 11, comma 1, lett. a), attivabile dal contribuente qualora sussistano delle condizioni di obiettiva incertezza che incidono sulla corretta interpretazione di una norma tributaria (interpello ordinario interpretativo), ovvero sulla corretta qualificazione di una fattispecie (interpello ordinario qualificatorio);
- probatorio (art. 11, comma 1, lett. b), volto ad ottenere un parere circa la sussistenza delle condizioni e la valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell’adozione di un determinato regime fiscale, derogatorio rispetto a quello normalmente applicabile;
- disapplicativo (art. 11, comma 2, che andrà a sostituirsi all’istanza sinora prevista dal comma 8 dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, abrogato dal D. Lgs 128/2015, cd. “Decreto certezza”), attivabile dal contribuente che voglia ottenere un parere circa la sussistenza delle condizioni che legittimano la disapplicazione di norme tributarie (altrimenti applicabili) che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta e altre posizioni soggettive del soggetto passivo;
- anti abuso (art. 11, comma 1, lett. c; tale tipologia di istanza è contemplata al comma 5 del nuovo art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, ed è stata introdotta dal citato Decreto certezza nell’ambito della nuova disciplina dell’abuso del diritto) attivabile dal contribuente che voglia ottenere un parere circa la riconducibilità dell’operazione ad una fattispecie potenzialmente integrante l’ipotesi di abuso del diritto.
Nell’intento di garantire una maggiore certezza nel rapporto tra Fisco e Contribuente, oltre ad un accorciamento nei tempi di risposta da parte dell’Amministrazione finanziaria, viene introdotta anche la regola del silenzio assenso. Ciò comporta che nel caso in cui la risposta non pervenga al contribuente entro i nuovi termini previsti, il silenzio equivale a condivisione da parte della stessa Agenzia delle Entrate della soluzione prospettata dall’istante (il sistema vigente fino al 31 dicembre 2015 prevede, invece, che la regola del silenzio assenso valga solo per gli interpelli ordinari).
Il termine per la formazione del silenzio-assenso s’interrompe qualora venga richiesto al contribuente di integrare la documentazione presentata; in tal caso, il termine di risposta dell’Amministrazione finanziaria è prorogato di 60 giorni dalla data della ricezione della documentazione integrativa e la mancata presentazione della documentazione richiesta entro il termine di un anno, equivale a rinuncia all’istanza di interpello. In tal caso, il contribuente avrà comunque la possibilità di presentare una nuova istanza ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge (inclusa la preventività).
La risposta fornita, anche in via tacita, vincolerà ogni organo dell’Amministrazione Finanziaria con esclusivo riferimento alla questione oggetto di interpello e limitatamente al richiedente. Per l’effetto, qualunque atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difforme dalla risposta resa dall’Amministrazione finanziaria è nullo, e tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto dell’interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte della stessa Amministrazione.
In merito all’obbligatorietà dell’istanza, si precisa che l’interpello disapplicativo rimarrà l’unica tipologia di interpello obbligatorio: ciò significa che il contribuente che voglia ottenere la disapplicazione di una norma prescrittiva, ovvero che limiti diritti e crediti, deve presentare istanza prima di poter disapplicare la norma elusiva. Sempre nel quadro di un rapporto fondato sul dialogo e sulla reciproca collaborazione, a fronte della permanenza del carattere obbligatorio, il Legislatore, pur mutuando ai fini definitori la medesima formulazione letterale contenuta nell’ormai abrogato art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973, ha comunque precisato che la presentazione dell’istanza di interpello ovvero la mancata presentazione non pregiudicano, in alcun caso, la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione della spettanza della disapplicazione anche nelle successive fasi dell’accertamento amministrativo e del contenzioso. Nel caso di risposta negativa, è prevista, in particolare la possibilità della sua impugnazione in via “differita”, ossia unitamente al ricorso avverso l’eventuale atto di accertamento emesso successivamente dall’Ente impositore.
A fronte del carattere facoltativo attribuito a tutte le altre tipologie di interpello, il Legislatore ribadisce che tutte le istanze presentate abbiano carattere preventivo e che, quindi, devono essere presentate prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie per la quale si presenta l’istanza, senza che a tal fine assumano rilevanza i termini concessi all’Amministrazione finanziaria per rendere la propria risposta.
In attesa del 1°gennaio 2016, alle istanze di interpello presentate prima dell’entrata in vigore del Decreto restano applicabili le disposizioni procedurali in vigore al momento in cui è presentata l’istanza.
Medio tempore l’Amministrazione finanziaria, con la Risoluzione n. 104/E del 15 dicembre 2015, ha ritenuto opportuno fornire dei chiarimenti in merito alla gestione degli interpelli “antielusivi” (dal 1° gennaio 2016 “anti abuso”) a seguito delle suddette modifiche normative intervenute già dal 1°ottobre 2015 con il Decreto certezza, definendo le modalità di gestione delle istanze pervenute durante tale periodo transitorio.
In particolare viene chiarito che con riguardo alle istanze presentate entro il 1° settembre 2015 ai sensi dell’art. 37-bis (abrogato a partire dal 2 settembre 2015) e rispetto alle quali non sia pervenuta risposta saranno ancora applicate le regole procedurali di cui all’art. 21, comma 9 della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, vigenti al momento di presentazione dell’istanza. Ne consegue che il termine di risposta dell’Amministrazione finanziaria (120 giorni) non sarà perentorio, fermo restando che il contribuente avrà la possibilità di diffidare la stessa Amministrazione con la conseguenza che, decorsi ulteriori 60 giorni dalla presentazione della diffida, si formerà il silenzio assenso sulla soluzione interpretativa prospettata dallo stesso contribuente. In ogni caso, l’Amministrazione finanziaria fornirà il proprio parere limitatamente alla richiesta di applicazione dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 posto che le stesse istanze risultano argomentate in base alle previsioni di tale articolo e non in base agli elementi di cui all’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente.
Con riguardo, invece, alle istanze presentate tra il 2 settembre (data di abrogazione dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973) ed il 30 settembre 2015, l’Amministrazione finanziaria segnalerà al contribuente il “disallineamento normativo” derivante dall’entrata in vigore, dal 1°ottobre 2015, dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, e, al contempo, lo inviterà a presentare una nuova istanza di interpello ai sensi dell’articolo 10-bis (con il rispetto delle formalità previste dal comma 5 della stessa norma), senza necessità di allegare i documenti eventualmente già trasmessi con la precedente istanza. Nel caso in cui il contribuente aderisse al suddetto invito, l’Amministrazione finanziaria si asterrà dal contestare l’eventuale assenza di preventività di tale nuova istanza, qualora la stessa sia stata presentata entro i 60 giorni successivi alla ricezione dell’invito e sempre che questa abbia ad oggetto la stessa fattispecie rappresentata nella prima istanza presentata.
Infine, per le istanze presentate tra il 1°ottobre e il 31 dicembre 2015, il contribuente dovrà osservare le disposizioni del comma 5 dell’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, seguendo le regole procedurali di cui all’articolo 11 della stessa legge (non essendo più possibile procedervi ai sensi dell’articolo 21, comma 9 della L. n. 413/1991). Qualora, in fase di prima applicazione, il contribuente formuli comunque un’istanza in osservanza delle regole previgenti, se il richiamo all’art. 21 comma 9 della L. n. 413/1991 risulta essere il frutto di un mero errore materiale, l’Amministrazione considererà detta istanza presentata ai sensi e per gli effetti del comma 5 dell’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente.
Fermo restando il carattere preventivo dell’interpello anti abuso, l’Amministrazione finanziaria ribadisce la necessità che l’istanza contenga una compiuta descrizione della fattispecie in relazione alla quale il parere è richiesto e che sia supportata dalla documentazione considerata essenziale a tali fini.
L’Agenzia delle Entrate sottolinea, inoltre, che anche se la definizione di abuso del diritto introdotta dall’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente ha unificato i concetti di abuso del diritto e di elusione fiscale con valenza generale per tutti i tributi (armonizzati e non), comunque il comma 5 non impone al contribuente istante di presentare una richiesta di parere relativa a tutti i tributi connessi o collegati all’operazione rappresentata; quindi, nell’istanza il contribuente è tenuto ad indicare il settore impositivo in relazione al quale il parere viene richiesto, specificando le norme che ritiene applicabili (comprese quelle che lo stesso ipotizza passibili di abuso del diritto in relazione all’operazione rappresentata). Nei casi in cui non sia possibile desumere direttamente o attraverso i riferimenti normativi richiamati dal contribuente il settore impositivo o i settori impositivi cui si riferisce l’istanza di interpello, questa sarà ritenuta inammissibile poiché non sufficientemente circostanziata nella definizione della fattispecie concreta in relazione alla quale il parere è richiesto (cfr. la Circ. n. 32/E del 2010).
Prima facie, tale riforma non può che essere valutata positivamente in quanto, se l’obiettivo è quello di promuovere un maggiore utilizzo dell’interpello quale strumento di dialogo privilegiato tra Fisco e contribuente, la maggior celerità nei tempi di risposta, insieme a delle regole procedurali omogenee, saranno di incoraggiamento per tutti i contribuenti che in via “cautelare” vorranno rivolgersi all’Amministrazione finanziaria al fine di accertarsi della correttezza del proprio operato, assicurandosi, in ogni caso, una risposta positiva in caso di silenzio da parte dell’Ente impositore.
Del resto un tale intervento si pone come necessario per allineare l’Italia agli altri Paesi europei nei quali è molto più forte il “dialogo” tra Fisco e Contribuente e questo migliora certamente sia il fenomeno dell’evasione da un lato che quello della tutela del contribuente dall’altro.