D.L. Rilancio: spazio anche all’industria videoludica
Il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. “Decreto Rilancio”), nei suoi commi 12 e ss. dell’art. 38, dispone l’istituzione di un fondo, dalla dotazione di 4 milioni di euro, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, denominato “First Playable Fund”. Si tratta di un investimento destinato al mondo dell’”intrattenimento digitale”, specificatamente finalizzato a sostenere le fasi di “concezione e pre-produzione” di videogames. Il Legislatore sembra mostrarsi, in via del tutto epocale, attento alle esigenze di un settore che, seppur non trainante dell’economia domestica, non può e non deve essere abbandonato, essendo ricco di potenzialità come insegnano la scuola americana e giapponese. La misura in esame rappresenta un’eccezione dettata solo dagli attuali tempi di crisi o, piuttosto, una presa di coscienza nei confronti di un ambito forse fin troppo poco considerato fino ad oggi?
- Premessa
Il D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. “Decreto Rilancio”), nasconde, nel profondo del suo corposo dispositivo, una misura economica di rilevante entità. Nello specifico, all’interno dell’art. 38, recante “Rafforzamento dell’ecosistema delle start-up innovative”, è stata timidamente prevista, nei commi 12 e ss., l’istituzione di un fondo nominato “First Playable Fund”, dalla dotazione di 4 milioni di euro, finalizzato a “sostenere lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale a livello nazionale”. I soggetti coinvolti, in concreto, corrispondono a quella ridotta platea di imprese[1] che sostengono i “processi di concezione e pre-produzione” dei videogames, i quali, una volta elaborati, possono essere distribuiti da esse stesse (cd. “self-publishing”) oppure da una casa editrice (cd. “publisher”).
- Un primo grande (e timido) passo
Il suddetto First Playable Fund è finalizzato a sostenere specificatamente la fase di concezione e pre-produzione dei videogiochi tramite l’erogazione di un contributo a fondo perduto, nella misura del 50% delle spese cd. “ammissibili”, così come definite dal successivo comma 14, quantificabile in un importo compreso tra i diecimila e duecentomila euro per singolo prototipo.
Importo di rilevante entità destinato ad una platea di imprese nazionali del settore che, statisticamente parlando[2], dichiarano, per un ampio 66%, dagli zero ai centomila euro di fatturato.
In concreto, le fasi della value chain considerate dalla misura, partono dalla prima elaborazione del concept di gioco e arrivano fino allo sviluppo di un “primo esemplare e modello originale di una serie di realizzazioni successive”, ossia il cd. “prototipo”. Prototipo che dovrà essere arricchito nel suo contenuto e testato all’interno di fasi specifiche (definite, in ordine, come fasi “Alpha” e “Beta”) volte a scovarne ogni minimo difetto di sistema (cd. “bug”).
Le spese ammissibili, ossia finanziabili per mezzo del beneficio, sono descritte nel comma 14 e corrispondono alle:
- prestazioni lavorative svolte dal personale dell’impresa nelle attività di realizzazione di prototipi;
- prestazioni professionali commissionate a liberi professionisti o ad altre imprese finalizzate alla realizzazione di prototipi;
- attrezzature tecniche (hardware) acquistate per la realizzazione dei prototipi e;
- licenze di software acquistate per la realizzazione dei prototipi.
Si osserva come il Legislatore abbia voluto porre l’accento sul concetto di prototipo e su tutte le fasi anteriori la sua realizzazione, escludendo categoricamente processi ulteriori.
Una volta individuate le attività qualificate, è necessario ora comprendere quali imprese possano presentare la domanda per la fruizione dell’agevolazione.
Il comma 16 interviene a risposta di tale quesito ponendo una serie di vincoli di materia ed antiabuso per le imprese, ossia:
- avere la sede legale nello Spazio Economico Europeo;
- essere soggette a tassazione in Italia per effetto della loro residenza fiscale, ovvero per la presenza di una sede operativa in Italia, cui sia riconducibile il prototipo di cui al comma 13;
- avere il capitale sociale minimo interamente versato e un patrimonio netto non inferiori a diecimila euro, sia nel caso di imprese costituite sotto forma di società di capitale, sia nel caso di imprese individuali di produzione ovvero costituite sotto forma di società di persone e;
- essere in possesso di classificazione ATECO 58.2 o 62 (“Edizione di giochi per computer”, “Edizione di altri software e produzione di software”, “Consulenza informatica e attività connesse”).
L’evidente intento, desumibile da tali requisiti, risiede nella volontà di voler sostenere concretamente le imprese di piccole dimensioni presenti nel territorio italiano che subiscono l’intensa influenza dei competitors internazionali, vere e proprie multinazionali ricche di risorse e di un parco utenti diffuso su tutto il territorio mondiale.
Da ultimo, si specifica che l’impresa beneficiaria debba realizzare il prototipo entro diciotto mesi dal riconoscimento dell’ammissibilità della domanda da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (in sigla, “MiSE). Lo stesso MiSE dovrà, entro sessanta giorni dall’emanazione del D.L. in esame, definire:
- le modalità di presentazione delle domande;
- i criteri per la selezione delle stesse;
- le spese ammissibili;
- le modalità di erogazione del contributo; l
- le modalità di verifica, controllo e rendicontazione delle spese e;
- le cause di decadenza e revoca.
- Conclusioni
Nella speranza che il MiSE intervenga per dare attuazione, nei termini previsti, alla disciplina in esame, non può che darsi atto del lodevole operato che ha visto protagonista il Legislatore italiano in un periodo di crisi pandemica.
L’auspicio dello scrivente è quello di veder attuate altre strategiche e future misure, volte ad incrementare il numero di soggetti operanti in un settore che è fin troppo sottoconsiderato e sottosviluppato a causa di un pregiudizio che non possiede basi fondate ma è solo retaggio di un passato ormai arcaico.
Il fondo descritto, infatti, non è altro che un primo passo finalizzato a sostenere imprese che, tuttavia, percepivano ingenti problemi anche prima che intervenissero straordinari eventi. Il censimento sopracitato, nel vagliare le principali cause ostative allo sviluppo delle imprese oggetto di analisi, cita, oltre alla mancata disponibilità di risorse interne alle aziende (problema a cui va incontro la misura disaminata), anche “la mancanza di una cultura commerciale adeguata e un sistema fiscale e normativo non adeguato a una sana e robusta crescita del sistema imprenditoriale del videogioco”[3].
Mancano, essenzialmente, le radici per una prospera crescita di germogli fruttuosi, come dimostrano le esperienze estere.
Tolta l’innegabile correttezza dell’intervento normativo, sarebbe stato ancor più completa ed incisiva la predisposizione di uno o più articoli autonomi (non una parte di una singola disposizione generale in materia di start-up) riguardanti l‘industria videoludica.
La continua battaglia condotta da associazioni di categoria, quale la citata IDEA, è elemento centrale di conquiste a cui il Legislatore deve, purtroppo, essere sempre spinto, quasi costretto, non pensandoci compiutamente in autonomia.
Non si vuole, tuttavia, concludere l’articolo con una vena pessimistica, essendo il fondo istituito, nelle idee di chi vi sta scrivendo, un primo segnale di maggior consapevolezza di uno Stato che, progressivamente, sta “digerendo” l’eredità di un passato chiuso all’innovazio
Riferimenti
[1] L’Associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia (in sigla: “IDEA”) ha realizzato un censimento degli studi di sviluppo di videogiochi siti sul territorio della Repubblica italiana, analizzandoli sotto differenti profili. Uno di essi, riguarda le modalità con cui tale attività viene posta in essere, ossia la forma giuridica più diffusa, ed il numero di addetti ed imprese presenti nell’anno 2018. Numericamente parlando, si contano solo 1.100 operatori del settore in tutto il territorio italiano e le imprese più diffuse rientrano della categoria delle micro-piccole. Per maggiori approfondimenti si veda AESVI, Censimento game developer italiani 2018, 2018, p. 25 https://iideassociation.com/kdocs/1972712/2018_Censimento_Game_Developer_Italiani.pdf.
[2] AESVI, Censimento game developer italiani 2018, 2018, p. 27.
[3] AESVI, Censimento game developer italiani 2018, 2018, p. 53.
(A cura di Rocco Pietro Di Vizio)
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