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Smart working e Covid-19: dalla formula originaria della legge 81/2017 alle norme transitorie durante la pandemia

Introduzione

Nella pandemia da Covid-19 si sono introdotti dei correttivi alla disciplina sul lavoro agile (o in termini anglosassoni smart working) al fine di agevolarne l’accesso in quanto è parso essere uno strumento fondamentale per ridurre l’esposizione dei lavoratori al rischio di contagio (salvaguardando così la tutela della salute pubblica e nello specifico della salute dei lavoratori), garantendo comunque la continuazione dell’attività lavorativa, a favore delle imprese e degli stessi lavoratori che hanno potuto così mantenere la propria retribuzione, nonostante l’impossibilità, in alcuni casi, di recarsi fisicamente in azienda.

  • Lo Smart working ai sensi della legge 81/2017

Lo smart working è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato introdotta con la Legge 81/2017 (capo II, artt. 18-23): un’introduzione recente, tanto da risultare sconosciuta ai più e in particolare alle aziende che durante il 2020 si sono trovate impreparate di fronte all’urgente attivazione di modalità di lavoro smart causa pandemia. Il lavoro agile rappresenta dei vantaggi sia per il lato dei lavoratori che per il lato delle imprese/datori di lavoro: infatti si tratta (come specifica la stessa legge) di una modalità introdotta allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La legge 81/2017 stabilisce che tale modalità di lavoro deve essere stabilita mediante accordo tra le parti, prevede il possibile utilizzo di strumenti tecnologici ed è senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro: con riferimento al luogo di lavoro, ciò significa che la prestazione lavorativa può essere svolta in parte all’esterno dei locali aziendali e in parte all’interno, senza che il lavoratore abbia una postazione fissa; con riferimento all’orario di lavoro, l’unico limite è rappresentato dalla durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale che non deve essere superata dallo smart worker, per evitare che la flessibilità della particolare modalità di lavoro si traduca in uno sfruttamento del lavoratore agile da parte del datore di lavoro.

Tralasciando in questa sede le specifiche particolarità del lavoro agile previste dagli artt. 18 ss. della Legge 81/2017 e le diverse sfumature rispetto al lavoro a domicilio e al telelavoro, concentriamoci ora sulle norme in materia di smart working introdotte nei primi mesi del 2020 per far fronte al virus.

  • Lo Smart working nel 2020: eccezioni e particolarità

Il d.l. 23 febbraio 2020, n.6 (per lavoratori delle zone in cui era prevista la sospensione o la limitazione dello svolgimento dell’attività lavorativa) e decreto del 1° marzo 2020, art.4 (estensione all’intero territorio nazionale di quanto previsto dal d.l. del 2 febbraio) hanno stabilito che la modalità di lavoro agile dovesse essere applicata, per la durata dello stato di emergenza dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali previsti. Ciò è stato ribadito nei successivi d.P.C.M. del 4 marzo e dell’11 marzo 2020: quest’ultimo, in particolare, ha raccomandato il massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza e la sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione); l’unico obbligo che permane è l’invio dell’informativa sulla sicurezza.

Il d.P.C.M. 8 marzo 2020 (art.2, co.1, lettera r) ha permesso ai datori di lavoro la facoltà di convertire, con un provvedimento unilaterale temporaneo, la modalità ordinaria di esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile.

Nello specifico, con riguardo alle PP.AA. la Direttiva (Circolare) n. 1/2020 della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha previsto il ricorso, in via prioritaria, al lavoro agile e possibilità di utilizzo da parte del lavoratore dei propri strumenti informatici. Ciò significa che se l’azienda non dispone della strumentazione tecnologica utile al lavoratore per espletare la sua attività lavorativa, lo smart worker potrà utilizzare, eccezionalmente rispetto a quanto previsto dalla Legge 81/2017, la propria strumentazione disponibile.

Infine, l’art. 87 del d.l. n. 18/2020 (c.d. decreto “Cura Italia”) ha stabilito che il lavoro agile “è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”, prescindendo.

Oltre alla possibilità di utilizzo della strumentazione propria del lavoratore per espletare la prestazione lavorativa e al venir meno dell’accordo tra le parti (cuore della Legge 81/2017), quali sono le altre particolarità del lavoro agile ai tempi del Covid?

Il datore di lavoro, data la straordinarietà della situazione, dovrà sentirsi legittimato a pretendere dal lavoratore lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità tradizionale solo quando le mansioni del lavoratore: 1) per loro natura, possono essere svolte solo presso la sede dell’azienda; 2) sono essenziali affinché l’attività produttiva possa proseguire durante lo stato di emergenza. Qualora questi due requisiti siano assenti e il lavoratore abbia richiesto di prestare la sua attività di lavoro in modalità agile, è illegittimo il rifiuto da parte del datore di lavoro all’accettazione di tale richiesta: ciò configura un’impossibilità dell’adempimento della prestazione di lavoro imputabile al datore di lavoro con conseguente salvaguardia del diritto alla retribuzione spettante al lavoratore. Diverso è il caso del lavoratore che, posto unilateralmente in lavoro agile, eccepisca di non avere presso il proprio domicilio un ambiente adeguato allo svolgimento della prestazione: ciò non può costituire una valida ragione di esonero dall’obbligazione di rendere la prestazione lavorativa.

Ultima particolarità dello smart working ai tempi dell’emergenza sanitaria è data dall’equiparazione tra il periodo trascorso dal lavoratore in quarantena o in permanenza domiciliare con sorveglianza attiva e la malattia ai fini del trattamento economico e ciò comporta che il lavoratore, in tale periodo, non può svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile; un’eccezione a ciò si ha nel caso in cui la scelta di adempiere comunque la prestazione lavorativa sia effetto di un accordo con il lavoratore: si tratta di una deroga permessa in virtù delle limitate risorse disponibili per l’indennità.

Conclusioni

Pur presentando delle differenze rispetto alla formula originaria ai sensi della Legge 81/2017, lo smart working che stiamo conoscendo nel periodo della pandemia ha rappresentato e continua a rappresentare uno strumento di valido aiuto per contrastare gli assembramenti sul luogo di lavoro, limitando i contagi. I vantaggi in termini di flessibilità, che permettono di andare incontro alle varie esigenze di tutti i lavoratori, potranno sicuramente rappresentare un punto di partenza per un’ulteriore sperimentazione del lavoro agile anche in futuro e a prescindere dall’emergenza sanitaria.

(A cura di Giulia Guadalupi)

Riferimenti

1)M. LEONE, Lavoro agile al tempo del coronavirus: ovvero dell’eterogenesi dei fini, in
“QUESTIONE GIUSTIZIA”, 21 marzo 2020,

dell-eterogenesi-dei-fini_21-03-2020.php.

2)I. ALVINO, È configurabile un diritto del lavoratore al lavoro agile nell’emergenza
COVID-19?, in “GIUSTIZIA CIVILE.com”, 8 aprile 2020,

lavoro-agile-nellemergenza-covid-19.

3)C. MACCHIONE, Il lavoro agile ai tempi del coronavirus, in “GIUSTIZIA
ai-tempi-del-coronavirus

Rivista scientifica digitale mensile (e-magazine) pubblicata in Legnano dal 2013 – Direttore: Claudio Melillo – Direttore Responsabile: Serena Giglio – Coordinatore: Pierpaolo Grignani – Responsabile di Redazione: Marco Schiariti
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