Giurisprudenza Costituzionale

In nome dell’ordine pubblico – Parte I. Un tuffo nel passato, il caso Taricco e i controlimiti

Introduzione

Nel lungo dibattito tra il principio del primato del diritto U.E. e la tutela dei diritti fondamentali interni (contro-limiti), l’ordine pubblico assume un ruolo rilevante, sebbene in tali dinamiche sia rimasto silente. Il presente contributo vuole fare luce sul significato evolutivo che contraddistingue il principio di ordine pubblico. Data la sua camaleonticità, ci si chiede se sia possibile addivenire a una significato univoco, anche in ordine alla tutela della della certezza del diritto che, sarebbe buona ancella dei diritti fondamentali, in special modo nell’attuali turbolenze normo-sociali legate alla maternità surrogata.

  1. L’ordine pubblico verso la tutela della persona

Nel lungo e laborioso iter evolutivo rispetto all’elaborazione del concetto di ordine pubblico, si rammenti la manipolazione del concetto in funzione degli interessi egemoni del regime politico fascista e il rifiuto dell’Assemblea Costituente di introdurre ogni riferimento allo stesso all’interno della Carta Costituzionale, la Corte Costituzionale, in ottica costituzionalmente orientata, effettua un mutamento di prospettiva. Da limite per l’esercizio delle libertà, l’ordine pubblico diviene esso stesso un bene costituzionale da tutelare tramite la creazione di limiti.

Nella sentenza nr.1 del 1956[i], si introducono elementi ripresi dalla giurisprudenza circa i limiti delle libertà costituzionali: due limiti diversi rivolti ad operare su due corrispondenti momenti diversi. Un primo limite legislativo in contrapposizione alla garanzia della libertà costituzionali sul piano formale e un secondo limite correlato all’esercizio della libertà costituzionali.

Nella sentenza nr. 2 del 1956[ii], la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.157, comma 3, T.u.l.p.s., basando il suo giudizio sulla costituzionalità dell’interpretazione, che riporta ai motivi di sanità, ordine, sicurezza pubblica e pubblica moralità, elaborando, in tale sede, la nozione di ordine pubblico materiale.

A distanza di qualche anno, con la sentenza nr. 19 del 1962[iii], relativa all’estensione del limite dell’ordine pubblico alla libertà di manifestazione di pensiero, la Corte innova il concetto  allargandone la portata, anche al significato ideale ed affermandone la natura di limite nell’ordinamento democratico. Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 656 c.p., la Corte intende l’ordine pubblico come l’ordine legale su cui si regge la convivenza sociale ed, in tal senso, è inteso come bene collettivo.

Attraverso quest’impostazione, la Corte Costituzionale delinea un concetto di ordine pubblico in senso normativo, il quale deve giuridicamente e necessariamente coincidere con l’ordine pubblico costituzionale. In altre parole, per quanto riguarda il concetto normativo-ideale, l’ordine pubblico da limite, così come previsto nella normativa pre-costituzionale e così come derivato dalla normativa civile francese, diviene esso stesso un centro di interessi meritevoli di tutela costituzionale.

Le sentenze successive emanate dalla Consulta continueranno a seguire l’iter tracciato dalla pronuncia del 1962, ancorando la tutela dell’ordine pubblico alle garanzie riservate ai beni costituzionali. Infatti, nei casi concreti esaminati nelle sentenze nr. 199 del 1972 e nr. 210 del 1976[iv], si afferma che attraverso la tutela dell’ordine pubblico si realizza necessariamente la tutela dell’ordine democratico.

Tuttavia, la Consulta non riesce a tracciare una linea sicura e definitoria che possa distinguere la nozione di ordine pubblico ideale-normativa, da quella di ordine pubblico materiale, al contrario, le due nozioni spesso si sovrappongono. Ciò che appare chiaro è che i due concetti, nella giurisprudenza della Corte, si riferiscono quello ideale a creare un valore costituzionale da salvaguardare, mentre quello materiale rileva nelle singole fattispecie. Infatti, riprendendo la sentenza nr. 168/71[v] dove la Corte richiama esempi che identificano l’ordine pubblico come materiale, perché lo stesso è analizzato in relazione a beni costituzionali specifici, successivamente, si afferma che esso sia da intendere come ordine costituzionale. Tale passaggio consente di associare, in modo diretto, la tutela dell’ordine pubblico alla tutela garantista del godimento effettivo dei diritti inviolabili dell’uomo.

Di tutt’altro avviso è la dottrina, che invece ha continuato a negare la possibilità di ritrovare il concetto di ordine pubblico ideale nella Costituzione che anzi, a causa della vaghezza significativa, è rimasto ancorato al volto negativo di limite “praeter legem” e, di conseguenza, anticostituzionale. Infatti, intendere l’ordine pubblico come limite negativo non risulta coerente con il dettato Costituzionale, perchè significherebbe estendere i poteri di polizia, impostazione che è propria di uno Stato autoritario.

A questo punto, è necessario prospettare come viene raggiunto l’equilibrio tra il concetto di ordine pubblico ideale delineato dalla Corte Costituzionale e la Costituzione stessa. Se è vero che l’ordine pubblico nasce e rimane limite, in relazione al dettato costituzionale, diviene limite non per l’esercizio delle libertà fondamentali, ma esclusivamente rispetto alle fonti giuridiche diverse dalla Costituzione, al fine di tutelare proprio tali libertà.

Nella sua interpretazione evolutiva, la Corte Costituzionale elabora il criterio del bilanciamento, basato sul presupposto dell’inesistenza di ogni sorta di gerarchia inerente ai valori o ai principi costituzionali. Ne consegue che si devono valutare le situazioni giuridiche con un parametro di giudizio che investa l’adeguatezza della norma restrittiva della libertà, rispetto all’interesse contrapposto che si voglia tutelare. In tal modo, l’ordine pubblico, si comporta come un importante centro nevralgico del sistema, in grado di affermare la sua portata in tutte quelle situazioni che possano, in qualche modo, ledere interessi e valori fondanti l’ordinamento. Allo stesso tempo, è in grado di arretrare di fronte alla necessità di garantire l’esercizio dei diritti fondamentali. Il focus dell’apporto della Corte Costituzionale è l’aver sentito il bisogno di qualificare l’ordine pubblico in senso democratico, specificandone la portata in un ordinamento costituzionale, in modo tale da legittimarne il significato sul piano normativo.

Un altro momento importante per comprendere la portata della lettura democratica del concetto ordine pubblico è quello in cui la Corte giunge alla dichiarazione di incostituzionalità dell’incriminazione del reclamo collettivo introdotta dal c.p.p.m. L’incriminazione del reclamo collettivo si basava sulla lettura, di sostrato fascista, autoritaria dell’intero ordinamento che considerava la protesta collettiva fenomeno contagioso e pericoloso. La Corte sottolinea come ogni incriminazione sia legata al particolare momento storico in cui ha avuto origine e nel caso specifico, riconosce come l’introduzione della disciplina militare sia sintomatica della penalizzazione di situazioni di pericolo presunto, marcando il sentimento di repulsione nei confronti di una simile impostazione.

Il concetto di ordine pubblico, viene così interpretato alla luce della democrazia del sistema. In particolare, si fa riferimento al concetto di democrazia così come esposto nella Carta costituzionale. Ci si riferisce, ad esempio, al limite del metodo democratico per l’esercizio della libertà di associazione partitica, così come al divieto di perseguire fini contrari alla legge, al divieto di ricostituire il disciolto partito fascista. In sostanza, interpretare l’ordine pubblico in chiave democratica significa tutelare i valori e le libertà delle persone e garantire il rispetto della legge.

L’impostazione personalistica del sistema, muta il significato delle norme non palesemente in contrasto con la Costituzione, per convogliare in quest’ultima le medesime e garantire, in questo modo, la coerenza e la legalità dell’ordinamento giuridico ante e post- costituzionale.

L’ordine pubblico, inteso in tal senso, cambia volto e viene applicato per tutelare la persona.

  1. La funzione personalistica del sistema ordinamentale: il nuovo volto dell’articolo 5 c.c.

La Corte Costituzionale genera una versione idealista di ordine pubblico, che segna l’inizio di un percorso che condurrà alla formazione del concetto di ordine pubblico ideale come secondo volto dell’ordine pubblico interno e cioè: il complesso dei principi supremi-fondamentali (l’utilizzo del primo termine, supremi, richiama la prima accezione, data al concetto di ordine pubblico in relazione ai principi fondanti lo Stato italiano, la seconda accezione, fondamentali, sostituisce la prima, nell’ottica di essere maggiormente fedele allo sviluppo e alla protezione dei diritti fondamentali dell’uomo), del sistema giuridico italiano.

L’evoluzione del concetto di ordine pubblico può essere spiegata attraverso l’analisi dell’interpretazione evolutiva dell’art.5 c.c. In merito, è necessario focalizzare l’attenzione sulla locuzione, atti di disposizione del corpo, perché solo attraverso la definizione di cosa siano o meglio cosa possono intendersi quest’ultimi, in senso giuridico, si può arrivare ad una reale comprensione dell’importanza valoriale insita nella norma e nel processo evolutivo interpretativo della stessa. Come emerge dai lavori preparatori, gli atti di disposizione del corpo a cui si riferisce l’art. 5 c.c. nel suo significato originario, sono solo quelli di consenso all’offesa dell’integrità fisica, (riferimento all’articolo 50 del codice penale che disciplina il consenso dell’avente diritto). Il limite speciale contenuto nella prima parte della norma in esame è certamente espressione del momento storico in cui fu approvato il codice civile e si inserisce nel programma di tutela della sanità della stirpe tipico del regime. In quest’ottica, l’approccio al corpo è di tipo materialista e, di conseguenza, le parti del corpo di cui è possibile disporre in base alla legge divengono oggetto autonomo e separato dalla persona e l’utilizzo delle medesime[vi] deve essere improntato solo a realizzare un fine utile alla collettività. Tale interpretazione, risulta palesemente in contrasto con i principi solidaristici e personalistici consacrati nella Carta costituzionale.

Infatti, con la Costituzione, il diritto all’integrità fisica, tutelato dalla norma e concernente in primo luogo la tutela del corpo[vii], evolve anch’esso e diviene parte di un insieme di diritti fondamentali posti alla tutela della persona (salute e dignità).

Attraverso la protezione della dignità umana, garantendo il diritto alla salute, la persona è posta al centro della tutela, non in funzione di qualcos’altro, ma in funzione della sua evoluzione (articolo 2 Cost.). La diminuzione permanente, limite invalicabile nella disposizione del corpo, infatti, non sempre comporta una lesione della dignità umana, al contrario, spesso si rende necessaria al fine di realizzare lo sviluppo della persona e la tutela della salute stessa (principio di autodeterminazione).

Ad esempio, la L. 19 settembre 2012, n. 167 ha disposto (con l’art. 1, comma 1) che “In deroga al divieto di cui all’articolo 5 del codice civile, è ammesso disporre a titolo gratuito di parti di polmone, pancreas e intestino al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi“.

La Costituzione e il principio personalista, in particolare, impongono un’impostazione del problema in termini di libertà di autodeterminarsi in ordine a comportamenti che riguardano il corpo, sul presupposto del valore unitario e inscindibile della persona come tale. Il nesso tra la tutela dell’integrità fisica ed il potere di autodeterminazione dei privati, trova il suo punto di confluenza non più nel limite della diminuzione permanente, ma in quello del pieno sviluppo della personalità. Di conseguenza, viene abbandonata l’idea del corpo umano visto come oggetto separato dalla persona, su cui il soggetto esercita i propri poteri di disposizione e il relativo atto deve essere ricostruito come espressione della libertà di decidere sulla propria persona in applicazione dell’art. 13 della Costituzione. Il valore della inviolabilità della persona è costruito nella Costituzione «come “libertà” nella quale è postulata la sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo[viii]».

In tale quadro giuridico, l’ordine pubblico, diviene parametro per valutare la legittimità di determinati atti, non più in funzione dello Stato, ma in funzione della persona.

Nello specifico, la tutela dell’integrità personale, viene garantita attraverso la tutela della dignità[ix]della persona, che a sua volta diviene principio di ordine pubblico. In tal senso, l’ordine pubblico diviene strumento di tutela dei diritti inalienabili della persona che rappresentano gli elementi identificativi e irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale ed operano quali contro-limiti nei rapporti extra-statali.

  1. Ordine pubblico e contro-limiti: il caso Taricco

Con riguardo al rapporto tra i contro-limiti e la normativa extra-statale si deve partire dalla saga Tariccco, leading case[x] (viene ripreso il ragionamento effettuato con la sentenza n. 238[xi]in merito al caso Ferrini del 2014).

Il caso Taricco origina dal rinvio pregiudiziale effettuato dal G.U.P. del Tribunale di Cuneo in merito all’interpretazione degli artt. 160 e 161 c.p. (norme sulla prescrizione) ritenuti in contrasto con gli interessi finanziari dell’Unione Europea (impunità dei reati di frode in relazione al versamento dell’I.V. A.). Al rinvio pregiudiziale, seguiva la decisione della Corte di Giustizia che, in un primo momento, impose l’obbligo di disapplicare le norme penali interne in materia di prescrizione, sopra richiamate (interpretazione contra reos). Tale pronuncia si fonda sia sul principio del primato del diritto unionale (art. 325 T.F.U.E.) e sia sull’interpretazione dell’istituto della prescrizione, ritenuto di natura procedimentale, quindi soggetto al principio del tempus regit actum e per questo non contrastante con i diritti fondamentali di difesa e libertà personale (legalità e irretroattività della norma sfavorevole) ex art. 49 Nizza[xii].

Tale decisione, in realtà, va oltre alle competenze dell’Unione, in quanto la prescrizione è materia di diritto penale sostanziale tale per cui la competenza è del legislatore italiano, considerato anche il difetto del requisito della democraticità, tipica invece degli Stati.

Successivamente, in risposta al rinvio pregiudiziale sollevato ex articolo 267 T.F.U.E., con ordinanza, dalla Corte Costituzionale (n. 24/2017), la Grande sezione della Corte di giustizia, con sentenza 5 dicembre 2017, in causa C-42/17, M.A. S. e M. B., muta il proprio orientamento e riconosce che l’obbligo per il giudice nazionale di disapplicare, sulla base della “regola Taricco”, la normativa interna in materia di prescrizione, viene meno quando ciò comporta una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene, a causa dell’insufficiente determinatezza della legge applicabile o dell’applicazione retroattiva di una normativa che prevede un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato.

Dal caso Taricco si evince che, da una parte la Corte di Giustizia tende a ricordare agli Stati la supremazia della normativa europea, dall’altra, vi sono gli Stati con la propria identità politica-normativa che si aprono ad ordinamenti giuridici extra-statali ma, che a loro volta tendono a precisare che tale superiorità deve essere valutata in concreto e che mai potrà essere considerata quando vada a ledere il nucleo normativo essenziale dello Stato parte. Infatti, “i limiti alla sovranità sono possibili nel rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento”, il cui “fondamento garantistico, secondo cui sono riservate al Parlamento nazionale le scelte comunque concernenti la libertà e la dignità personale, ne fa addirittura un diritto fondamentale dell’uomo[xiii]”.

In sostanza, occorre garantire l’ossequio alla necessità, insita anche nell’art. 11 Cost., che le limitazioni di sovranità avvengano nel rispetto delle scelte fondamentali che caratterizzano il sistema costituzionale. Quanto appena affermato, implica che quell’insieme di limiti e garanzie, che caratterizzano il sistema penale di uno Stato di diritto e che rappresentano un momento essenziale dei rapporti tra autorità e libertà (anzitutto quindi il principio di legalità), costituiscano una componente ineliminabile di quel nucleo di principi fondamentali che debbono necessariamente riflettersi nella struttura costituzionale dell’organizzazione sovranazionale.

  1. Conclusioni

Nel rapporto con tutto ciò che è giuridicamente rilevante ed appartenente allo spazio extra-statale, tali ramificazioni del concetto di ordine pubblico risultano inadeguate. Per la precisione, a destare dubbi di legittimità in relazione alla tutela multi-livello dei diritti fondamentali, non è l’ordine pubblico materiale, dal momento che risulta espresso e definito, sia nel momento produttivo che in quello applicativo del rapporto normativo, al contrario, è l’ordine pubblico ideale a provocare dubbi di applicazione legittima della clausola in relazione a situazioni giuridiche in cui sono coinvolti quest’ultimi.

Come si è avuto modo di osservare, il concetto di ordine pubblico ha mutato forma nel corso del tempo. Da limite delle libertà in funzione delle prerogative statali, è divenuto esso stesso un principio di rilevanza costituzionale in funzione della tutela dei diritti fondamentali. Il punto distonico non è, dunque, il significato che l’ordine pubblico riveste nell’attuale contesto normo-sociale ma, ciò che potrebbe rappresentare in proiezione futura, considerato anche il fatto che nel nostro ordinamento non esiste il principio del precedente vincolante. Nell’ottica di realizzare la migliore tutela possibile nel giudizio di bilanciamento tra opposti diritti fondamentali, si è sicuri che l’ordine pubblico sia uno strumento in tal senso idoneo?

NOTE

[i]     C. Costituzionale, sentenza n. 1/1956, in Consulta on line, giurcost.org

[ii]    C. Costituzionale, sentenza n. 2/1956, in Consulta on line, giurcost.org

[iii]   C. Cost., n. 19 del 16 marzo 1962, GiC, 1962, pag. 190;

Cerri, Ordine pubblico (dir. Costituzionale), in Enc. Giur., vol. XII, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1990, pag. 8.

[iv]    Sentenze Corte Cost. nr. 199 del 1972 e nr. 210 del 1976, in Consulta on line, gurcost.org.

[v]     Sentenza nr. 168/71, in Consulta on line, giurcost.org.

[vi]    Romboli R., Sub art. 5, cit., 229;

Sull’art. 5 v. tra gli altri: M. PESANTE, op. cit., 653 ss.

Cherubini M.A., op. cit., 73 ss.;

Anzani G., Gli “atti di disposizione della persona” nel prisma dell’identità personale (tra regole e principi), in Nuova giur. civ. comm., 2/2009;

Sul rapporto tra la clausola dell’ordine pubblico quella del buon costume, per verificarne l’evoluzione comparativa tra codice civile francese ed italiano, rimando al testo di: Terlizzi G., Dal buon costume alla dignità della persona. Percorsi di una clausola generale, Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino nuova serie, 26,Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2013;

[vii]   Rodotà’, Che cos’è il corpo?, Luca Sossella editore, Auditorium, 2010, p.5.

[viii]  Così si esprime la Corte cost. 22 ottobre 1990, n. 471, in Foro it., 1/1991, 14

[ix]    Sul concetto di dignità si veda Cricenti G., “Indisponibilità” del bene vita e disposizione di sé, in Nuova giur. civ. Comm., 2/2009;

[x]     Ufficio Stampa della Corte costituzionale, Comunicato del 31 maggio 2018, Frodi ue e prescrizione: la “regola taricco” e’ incostituzionale per          contrasto con il principio di determinatezza in materia penale; 

[xi]    Sentenza Corte Costituzionale n. 238/2014, in Consulta on line, giurcost.org.

[xii]   Massimo L.F., La vicenda “Taricco” e la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea -Grande Sezione, 5 dicembre 2017, Dirittifondamentali.it – Fascicolo 1/2018, Data di pubblicazione 9 gennaio 2018

[xiii]  Cit. Cupelli C., Il caso taricco e il controlimite della riserva di legge in materia penale, Aic, Rivista N°: 3/2016, 18/07/2016

BIBLIOGRAFIA

Anzani G., Gli “atti di disposizione della persona” nel prisma dell’identità personale (tra regole e principi), in Nuova giur. civ. Comm., 2/2009;

Cricenti G., “Indisponibilità” del bene vita e disposizione di sé, in Nuova giur. civ. Comm., 2/2009;

Dogliotti M.,  Atti di disposizione del corpo e teoria contrattuale, in Rass. dir. Civ., 1990;

Cupelli C., Il caso taricco e il controlimite della riserva di legge in materia penale, Aic, Rivista N°: 3/2016, 18/07/2016;

Massimo L.F., La vicenda “Taricco” e la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea -Grande Sezione, 5 dicembre 2017, Dirittifondamentali.it – Fascicolo 1/2018, Data di pubblicazione – 9 gennaio 2018;

Massimo L., La dura realtà e il “caso taricco”  (Nota a C. Cost. 31 maggio 2018, n. 115), in Diritto penale e processo, 2018, fasc. 10  pag. 1284 – 1288;

Pellizzone I., La sentenza taricco ii e il suo ambivalente impatto sui principi di irretroattività e di determinatezza in materia penale, (Nota a CGUE Grande sezione 5 dicembre 2017 (causa C-42/17)) in Studium iuris, 2018, fasc. 6 pag. 695 – 703;

Polimeni S., Il caso “taricco” e il gioco degli scacchi: l'”evoluzione” dei controlimiti attraverso il “dialogo” tra le corti, dopo la sent. cost. n. 115/2018 , in Osservatorio costituzionale, 2018, fasc. 2 pag. 26;

Pulitanò D., La chiusura della saga taricco e i problemi della legalità penalistica, (Nota a C. Cost. 31 maggio 2018, n. 115) , in Diritto penale e processo, 2018, fasc.10;

Rodotà, Che cos’è il corpo?, Luca Sossella editore, Auditorium, 2010;

Terlizzi G., Dal buon costume alla dignità della persona. Percorsi di una clausola generale, Quaderni del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino nuova serie, 26,Napoli:

Edizioni Scientifiche Italiane, 2013;

Ufficio Stampa della Corte costituzionale, Comunicato del 31 maggio 2018, Frodi ue e prescrizione: la “regola taricco” è incostituzionale per contrasto con il principio di determinatezza in materia penale.

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