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Stabile organizzazione: le conferme della Suprema Corte

Sentenza 14 aprile 2020, n. 7801, Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 5

Massima:

In ogni Stato, vanno tassati gli utili che si ritiene che la stabile organizzazione avrebbe conseguito se avesse assunto la configurazione di un’impresa distinta, svolgente attività identica o analoga, in condizioni identiche o analoghe, e in piena indipendenza dalla casa madre. Per verificare la stabile organizzazione, quale entità separata e indipendente, è necessario tener conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati”.

(Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.).

 

Fatti di causa

I soggetti coinvolti nella controversia in esame sono:

  • una società di diritto statunitense che svolge attività bancaria, e
  • una sua stabile organizzazione (c.d. “branch”) avente sede in Italia.

Il giudizio verte su un avviso di accertamento relativo all’annualità 2013, ricevuto dalla stabile organizzazione (da ora in poi “S.O.”), con cui il Fisco ha provato a recuperare a tassazione componenti negativi del reddito d’impresa portati in deduzione per un valore di 609.683,00 euro, “in quanto correlati a ricavi ed attività riferibili alla casa madre statunitense”.

Tale avviso di accertamento è stato successivamente oggetto di impugnazione; in particolare:

  • la S.O. ha impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano (da ora in poi “CTP”) che ha accolto integralmente il ricorso;
  • l’Agenzia delle Entrate ha proposto appello contro la decisione suddetta della CTP, ottenendo, dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Milano (da ora in poi “CTR”), l’accoglimento parziale della propria domanda, consistente nel riconoscimento dell’illegittimità dell’avviso di accertamento in relazione alle sole sanzioni da esso previste;
  • la “casa madre” statunitense ha reagito ricorrendo in Cassazione sulla base di quattro motivi.

La CTR di Milano, nell’accogliere parzialmente l’istanza dell’Amministrazione finanziaria, ha richiamato l’art. 7, commi 2 e 3 della Convenzione contro le Doppie Imposizioni siglata tra Italia e Stati Uniti d’America (da ora in poi “Convenzione”), in cui si disciplina la deducibilità delle spese attribuite alla S.O. dalla casa madre. Nella vicenda in esame, la contestazione dei verificatori si fonda sull’attribuzione di risorse finanziarie, a titolo oneroso, dalla casa madre americana alla sua filiale. Tale pratica avrebbe, da una parte, sottratto risorse imponibili all’Erario e, dall’altra, gravato la S.O. di oneri “eccedenti quelli attribuibili all’attività svolta in Italia, ammessi in deduzione, ai sensi del terzo comma dell’art. 7 della Convenzione, costituiti dagli interessi passivi a carico della filiale milanese e dalle spese connesse alla gestione dei crediti”.

Conferme in materia di deducibilità degli oneri di una stabile organizzazione

Nella sentenza in esame sono svolte considerazioni di notevole importanza in merito all’ambito applicativo dell’art. 7, comma 3 della “Convenzione” suddetta.

La Corte, nel rigettare il primo motivo con cui il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 3 della “Convenzione”, essendosi la CTR di Milano conformata “ai princìpi di diritto appena enunciati, laddove ha affermato che la Convenzione poneva dei limiti alla deducibilità dei componenti negativi del reddito della succursale italiana, intesi sia come interessi passivi che come spese connesse alla gestione del credito”, ha avuto occasione di chiarire il dettato convenzionale.

In particolare, viene sottolineato che, in primis, “la stabile organizzazione , dal punto di vista fiscale, è un’entità distinta ed autonoma rispetto alla «casa madre», i cui redditi, prodotti nel territorio dello Stato, sono assoggettati ad imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. e), t.u.i.r.” e che, pertanto, come sottolineato dal Commentario OCSE, “la stabile organizzazione deve essere dotata: «di una struttura patrimoniale appropriata sia per l’impresa, sia per le funzioni che esercita. Per tali ragioni, il divieto di dedurre le spese connesse ai finanziamenti interni – ossia quelli che costituiscono mere attribuzioni di risorse proprie della casa madre – dovrebbe continuare ad applicarsi in via generale»”.

Da ciò si deduce che i verificatori dovrebbero compiere un’attività volta a discernere in maniera specifica gli oneri sostenuti dalla S.O. nell’espletamento della sua attività caratteristica e quelli relativi ai rapporti diretti con la casa madre.

Nel caso in oggetto, nella categoria dei “finanziamenti interni” non sembrano poter rientrare gli “oneri correlati a taluni crediti da finanziamento, vantati dalla branch nei confronti della propria clientela italiana”, essendo questi parte della sua attività caratteristica; difatti, la Corte, nell’accogliere il secondo motivo di ricorso, evidenzia come la CTR di Milano non abbia dato completa e chiara motivazione del “perché” sia da considerare legittima l’equiparazione delle due componenti negative reddituali (retribuzione corrisposta in forza del finanziamento della casa madre e oneri correlati a taluni crediti di finanziamento) operata dai verificatori.

Dal caso in esame, si evince il corretto iter procedurale che ciascun verificatore dovrebbe seguire nell’accertare le componenti positive e negative di reddito di una S.O.. Più precisamente, ai fini della verifica fiscale, tali componenti positive e negative devono essere considerate riferibili ad “un’impresa distinta, svolgente attività identica o analoga, in condizioni identiche o analoghe, e in piena indipendenza dalla casa madre. Per verificare la stabile organizzazione, quale entità separata e indipendente, è necessario tener conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati”.

In conclusione, la Suprema Corte conferma nuovamente l’orientamento in materia di S.O., secondo cui l’attribuzione di componenti positivi e negativi di reddito a quest’ultima non può prescindere dalla considerazione dell’entità suddetta come indipendente dalla casa madre, guardando, quindi, al suo fondo di dotazione ed ai rischi correlati all’espletamento della sua attività prevalente e al ruolo che ricopre in territorio estero.

(A cura di Rocco Pietro Di Vizio)


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