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La rassegna stampa giuridica di Economia & Diritto – Febbraio 2022

Corte di Cassazione a Sezioni Unite sentenza n. 3182 del 2 febbraio 2022

In tema di accertamento delle imposte, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica all’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prescritta in materia di IVA dall’art. 52, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972 (e necessaria anche in tema di imposte dirette, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 33 del d.P.R. n. 600/1973), è richiesta soltanto nel caso di “apertura coattiva”, e non anche ove l’attività di ricerca si svolga con il libero consenso del contribuente, senza che ai fini della valida espressione di tale consenso sia necessario che il contribuente sia stato informato della sussistenza di una previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l’apertura coattiva solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non rinvenendosi un obbligo in tal senso nell’art. 52 cit. e neanche nell’art. 12, comma 2, della legge n. 212/2000.

Estratto ruolo: questione rimessa alle Sezioni Unite Cassazione Civile ordinanza interlocutoria n. 4526 del 11.02.2022

La questione risolta dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 19704/2015 deve essere affrontata alla luce dell’art. 3-bis DL 146/2021, convertito in Legge n. 215/2021, avente ad oggetto la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti all’impugnabilità del ruolo. In particolare, deve verificarsi se lo jus superveniens abbia o meno valore retroattivo, con eventuale applicabilità anche ai giudizi tributari in corso. Il Collegio tenuto conto della particolare rilevanza dei principi, anche costituzionali, sottesi alla soluzione, con possibili ricadute pure al di fuori del processo tributario, cioè nei processi civili e previdenziali, ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per le sue determinazioni in ordine alla eventuale assegnazione alle Sezioni Unite per questione di massima di particolare importanza.

Cassazione Ordinanza N 5059 del 16 febbraio 2022

“1.2 Nella specie, in conformità al principio enunciato, il giudice di appello ha accertato l’estraneità della contribuente ad ogni coinvolgimento nelle operazioni soggettivamente inesistenti, valutando l’irrilevanza presuntiva delle circostanze dedotte dall’amministrazione finanziaria in sede di accertamento, in particolare la mancanza di una sede operativa adeguata allo svolgimento dell’attività commerciale e la omissione della tenuta della contabilità. Secondo la sentenza impugnata, infatti, «nella fattispecie in esame, l’unica circostanza valorizzata in sede di accertamento dai verificatori è quella secondo cui la società cedente non aveva “mai avuto una sede operativa adeguata allo svolgimento dell’attività asseritamente svolta, né tenuto conto della contabilità”; tale circostanza, a giudizio di questa Commissione, è da sé sola inidonea a costituire prova presuntiva dello stato soggettivo del contraente, di “consapevolezza che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta”». Difatti, le circostanze poste a base dell’accertamento della polizia tributaria (peraltro, non riprodotte in ricorso ai fini dell’autosufficienza) non sono idonee a presumere la conoscibilità per il contribuente della natura fittizia delle cessioni di bestiame”.

Cassazione ordinanza n. 4814 del 15 febbraio 2022

4.2. A conferma della legittimità dell’avviso di accertamento, la CTR ha evidenziato che il contribuente non aveva fornito alcuna prova del fatto che il cavallo, inscritto all’anagrafe equina, venisse utilizzato in proprio, per fini meramente affettivi, ulteriormente giustificando l’inclusione del cavallo nell’ambito dei beni-indice osservando che il possesso di un cavallo da equitazione, anche per il solo utilizzo nel tempo libero, è un hobby costoso, considerati i costi di gestione dell’animale.

4.3. Come condivisibilmente già osservato da questa Corte (Cass. n. 21335 del 2015), costituisce indice di capacità contributiva non già il generico possesso di cavalli, ma solo di quelli da equitazione o da corsa; nella prima categoria dovendosi intendere ricompresi, per come
specificato dallo stesso documento di prassi invocato dalla ricorrente (circolare n. 27 del 1981), sia i cavalli da concorso ippico che quelli da maneggio.

4.4. Solo in relazione a tale categoria, infatti, è possibile apprezzare la ratio delle norme, che è quella di assegnare solo ai cavalli adibiti a specifiche attività, la qualità di indici di particolare capacità contributiva, in ragione del loro costo di acquisto e delle spese necessarie per la cura
e l’addestramento.

4.5. Conseguentemente, nel precedente indicato, la Corte ha escluso la possibilità di ricondurre alla categoria in oggetto il cavallo adibito esclusivamente a passeggiate, osservando come tale attività non possa <4.6. Affermando che «è fatto notorio come il possesso di un cavallo da equitazione, anche per il solo utilizzo nel tempo libero, sia un hobby costoso considerati i costi di gestione dell’animale» e che il possesso del cavallo «non può essere assimilato al possesso di animali di affezione come cani e gatti, la cui gestione non comporta sicuramente le ingenti spese invece necessarie per un cavallo», la CTR, assegnando valenza significativa al semplice possesso del cavallo, ha omesso di
applicare correttamente i principi sopra enunciati, trascurando di accertare se l’animale posseduto dal contribuente debba essere iscritto nell’unica categoria rilevante ai fini del riscontro dell’esistenza di un bene-indice di capacità contributiva.

5 Per le ragioni enunciate, il ricorso va accolto, in relazione al quarto motivo, con rinvio alla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

(Rassegna a cura di Michele Vanadia)


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