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Le nuove forme di governance e democrazia partecipativa

Sommario

 Negli ultimi anni è sempre più frequente, a livello comunitario e nazionale, il ricorso a  varie tipologie di strumenti normativi ed operativi che prevedono processi deliberativi partecipati di tutte le fasi del processo decisionale, e che si avvalgono anche delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione in grado di favorire scambi dei flussi informativi sia orizzontalmente sia verticalmente. Tali nuovi modelli di governo e processi decisionali si basano sui principi della governance democratica, intesa come il processo di governo più adeguato alle caratteristiche delle sfide e dei problemi che le istituzioni si trovano oggi ad affrontare: le interdipendenze settoriali e territoriali, la scarsità delle risorse, i continui processi di innovazione, le più elevate aspettative da parte di cittadini ed imprese. Diventa sempre più importante, per tutte le istituzioni democratiche predisporre le condizioni, gli spazi e gli strumenti affinché i cittadini siano coinvolti, ascoltati e valorizzati per il loro apporto di esperienze e competenze.

Governance e partecipazione

 I processi innovativi, innescati dai fenomeni peculiari dell’epoca attuale, hanno imposto un ripensamento delle tradizionali modalità sia di elaborazione e attuazione delle politiche che di definizione dei ruoli e delle responsabilità nei processi decisionali, nonché delle tradizionali modalità di azione ed organizzazione della pubblica amministrazione. In Europa sono in atto da più di un decennio, nei sistemi politici e amministrativi dei singoli Stati nazionali, cambiamenti radicali che interessano, in modo diretto, il problema del modello di società e di sviluppo da adottare nell’ambito della costruzione di un unico spazio pubblico europeo. In un contesto caratterizzato da interdipendenze settoriali e territoriali sempre più forti, dalla scarsità delle risorse pubbliche, dalla accelerazione dei processi di innovazione, da maggiori aspettative da parte di cittadini e imprese rispetto alle performances pubbliche, si è determinata una crescente espansione dell’area di cooperazione fra attori pubblici e privati nella definizione delle politiche e nell’erogazione dei servizi. E questa nuova area di relazioni tra soggetti pubblici e soggetti privati organizzati, insieme all’urgenza di un maggior coordinamento dell’azione degli attori istituzionali ai diversi livelli territoriali, costituisce una importante novità nei processi di governo democratico.

A queste trasformazioni si riferisce il concetto di governance che, negli ultimi anni, ha riscosso un notevole successo nel dibattito sui sistemi istituzionali, soprattutto in seguito alla pubblicazione del Libro Bianco ad essa dedicato, elaborato dalla Commissione europea.
Nato nel contesto dell’analisi economica, il termine governance è stato ripreso nel corso degli anni ottanta e adattato all’ambito della scienza politica, incentrando così l’accento, non più solo sugli aspetti di efficacia ed efficienza del management pubblico, ma anche su altre tematiche quali la partecipazione e la democratizzazione. Tradizionalmente, si individuano due meccanismi di coordinamento tra gli agenti economici, che si collocano agli estremi opposti: il meccanismo di mercato, che è un meccanismo spontaneo basato sulla risposta anonima e individuale degli agenti ai segnali di prezzo; e il meccanismo gerarchico, che è basato sulla imposizione agli agenti di comportamenti generalmente determinati da una qualche forma di autorità. Nella modalità di governance la dicotomia tra gerarchia e mercato è superata da una tipologia di coordinamento che può essere chiamata relazionale, o reticolare, perché il coordinamento si realizza attraverso una dinamica interattiva tra gli elementi che costituiscono la rete di un dato sistema economico complesso.

Questo tipo di coordinamento avviene, oltre che attraverso l’adesione a regole formali imposte ai singoli agenti, anche attraverso l’adozione di modelli di comportamento non formalizzati ma emergenti dallo stesso sviluppo delle interazioni tra gli agenti e condivisi attraverso un processo di apprendimento collettivo. Poiché, poi, il coordinamento, nella società della comunicazione e dell’informazione, richiede che le organizzazioni elaborino rapidamente la conoscenza per ridefinire obiettivi, problemi e strategie, è necessario che tutti i soggetti partecipino ai processi di apprendimento organizzativo, conferendo gli elementi di conoscenza in loro possesso. Questa necessità è il risultato, da un lato, del fatto che la conoscenza non è più concentrata in alcune sedi privilegiate, ma è dispersa nella molteplicità di agenti economici e di attori sociali che compongono il sistema, e, dall’altro lato, del fatto che gli elementi di conoscenza non sono tutti producibili, codificabili e trasmissibili come merci in un sistema di mercato. In quest’ottica, quindi, la governance interattiva corrisponde all’attivazione e al governo di una rete di coordinamento e di cooperazione finalizzata al raggiungimento di obiettivi condivisi.

La crisi della partecipazione nell’era della globalizzazione

Lo stretto nesso tra democrazia, cittadinanza e partecipazione si è sviluppato, nell’età moderna, a partire dall’esistenza di una comunità politica organizzata, fondata sulla stabilizzazione dei confini e sulla costruzione di stabili identità collettive nazionali. Oggi, però, questa configurazione non risponde più alle esigenze dei nuovi assetti politici delineatisi a seguito della globalizzazione economica e al dispiegamento di fenomeni di importanza planetaria, che hanno cambiato le vecchie prospettive degli stati nazionali democratici.

La situazione storica attuale mostra, infatti, come siano andate affermandosi due logiche antitetiche, che hanno determinato una crisi, prodotta, da una lato, dal cambiamento sociale e, dall’altro, dalla incapacità delle istituzioni politiche di sintonizzarsi con la rapidità delle trasformazioni della società. Convivono, pertanto, una logica statocentrica, che tende ancora ad organizzare la vita del cittadino indirizzandola verso certe finalità, e una logica “umanocentrica”, che si afferma sempre più a livello culturale ed internazionale, “meno aderente alla realtà istituzionale che mostra la sua vischiosità”. In altri termini, lo stato contemporaneo è diventato troppo grande per le funzioni amministrative, che richiedono forme di autonomia e organizzazione federale, che si pongono al di fuori della logica statocentrica; è diventato troppo piccolo per le funzioni di governo, che esigono un impegno politico che tenga conto dei fini dell’uomo in un processo di internazionalizzazione, e che comportano uno spostamento dei processi decisionali verso autorità sovranazionali[1].

La crisi delle strutture istituzionali delle democrazie rappresentative contemporanee ha generato situazioni di discredito diffuso della politica, insoddisfazione della cittadinanza verso i governi, con richieste frequenti di nuove elezioni, scarsa partecipazione elettorale, invasività dei poteri economici, incapacità della politica di rappresentare i settori socialmente non tradizionali, che hanno determinato un vero e proprio deficit democratico.

La nuova struttura della partecipazione

 Le trasformazioni che si intende realizzare nei rapporti tra Stato e cittadini, per dare piena attuazione alla metodologia di governance, incidono in modo significativo sulle caratteristiche dell’informazione e della comunicazione, che si presentano come potenti strumenti di cambiamento e come fattori centrali per rendere operanti i “diritti di cittadinanza”. Un decisivo rimedio per risolvere il deficit democratico, di cui sono affette le società contemporanee, che renda possibile una effettiva partecipazione collettiva alle decisioni politiche, sembra essere l’uso delle moderne tecnologie informatiche[2].

Le tecnologie diffuse, tra cui Internet, hanno, infatti, determinato una notevole evoluzione nelle teorie e pratiche dell’informazione e della comunicazione. Ed infatti “in questo quadro, la prospettiva di una democrazia rinnovata o trasformata in profondità dalle tecnologie si è sempre più concretizzata nella direzione dell’allargamento della partecipazione, da un alto appoggiandosi alle opportunità funzionali che le tecnologie stesse determinano, dall’altro ancorandosi alla logica a rete del web, capace di generare un nuovo spazio pubblico, di mettere in relazione, attraverso legami orizzontali, i cittadini tra loro e di «connettere», attraverso legami verticali, la società civile con il mondo politico”[3].

La comunicazione è, dunque, già oltre i mass media tradizionali e il mutamento fondamentale nel passaggio ai nuovi media è rappresentato dalla digitalizzazione dell’informazione. L’informazione, che trova nelle tecnologie il luogo ideale di trasmissione, in tempo reale, diventa accessibile in uno spazio virtuale in cui il pubblico può, non solo seguire le proposte politiche di ogni processo decisionale, in ciascuna delle sue fasi, ma anche intervenire e comunicare attivamente con le rappresentanze istituzionali. I nuovi media, così, ampliano l’orizzonte creando un possibile passaggio dalla passività del destinatario della comunicazione, ad una condizione di autonomia, superando l’antica distinzione tra produttori e consumatori di informazioni. L’uso delle ICT a sostegno della partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni è un campo delle nuove tecnologie sul quale è notevolmente cresciuto, negli ultimi anni, l’interesse tanto dei governi nazionali e degli organismi internazionali, quanto delle comunità locali. Lo sviluppo di nuove forme di partecipazione ha, così, portato all’attenzione quella che si definisce e-democracy (democrazia elettronica), ossia l’insieme di policy, strumenti e modelli tecnologici volti ad accrescere la partecipazione dei cittadini ai momenti decisionali dell’azione pubblica, nell’ambito di percorsi di rivitalizzazione della sfera del confronto tra istituzioni pubbliche, rappresentanti politici e cittadini elettori[4].

La nuova forma di Consultazione

Il rapporto tra le nuove tecnologie della comunicazione e le vecchie e nuove forme della partecipazione politica e democratica, è tema al centro di numerose ricerche, analisi e discussioni. Senza entrare qui nel merito di tale dispute, è possibile dare qui qualche esempio di un uso efficace di tecnologie elettroniche, ovvero dagli strumenti che si riconducono al concetto, come si dice, di edemocracy[5]. Internet è per definizione uno strumento rapido, flessibile, che consente la cooperazione a distanza, ha in genere costi bassi, permette in poco spazio la creazione di archivi anche grandi di documentazione; se non usata da sola ed utilizzata in modo opportuno, la rete può essere uno dei mezzi per rispondere alla “cultura della segretezza, alla poca disponibilità dei funzionari, alla scarsa comunicazione all’interno dell’amministrazione” e che il tipo di sostegno che la legge deve privilegiare concerne soprattutto gli strumenti di “informazione e comunicazione”. Nuovi legami che facilitano i rapporti attraverso il coinvolgimento, la consultazione, la concertazione e che stimolano una nuova leadership politica basata sulla creatività, il cambiamento e il confronto diretto con i cittadini. Elettori ed eletti che collaborano in diretta per comunicare e scambiare opinioni, prendere decisioni, fare scelte condivise, incoraggiare la partecipazione alla politica. E quando c’è bisogno di grandi politiche e nuove idee, il dialogo e l’interazione con i cittadini diventano fattori critici di successo e danno vita alla componente più attiva della strategia politica: la partecipazione». Queste righe mettono bene in rilievo il ruolo che Internet ha assunto nel mondo di oggi: senza giungere alle enfatizzazioni di quanti ritengono internet “una nuova agorà”, è giusto sottolineare che, grazie alla rete, tutti hanno in linea di principio la possibilità di intervenire ed essere ascoltati, e che le informazioni possono essere disponibili in tempo reale ed in modo più completo possibile. Le fonti informative possono essere di vario genere: si va dalla messa a disposizione di elaborati tecnici fino ad uno strumento più semplice, ma molto efficace come le newsletters gratuite, ossia e-mail in cui si cerca di ovviare alle difficoltà inevitabili degli elaborati tecnici e nelle quali a cadenza periodica si riassumono in linguaggio accessibile tutti i provvedimenti presi da una certa amministrazione.

Conclusioni

Le tecnologie digitali di rete sono senz’altro potenzialmente democratizzanti, ma devono incontrare un contesto sociale che avverta il bisogno di arricchire il processo democratico con l’interattività elettronica. La rete non causa la partecipazione, ma è la partecipazione off line che può servirsi dei nuovimedia per rendere più efficiente ed efficace la propria azione. Solo una democrazia già animata da una vivace partecipazione può usare le tecnologie per intensificare la produzione di potere comunicativo. Da qualsiasi angolazione si osservi il problema della partecipazione politica in rete, così come quello della democrazia elettronica, “finché il pubblico rimarrà politicamente passivo, i progressi compiuti nel campo delle tecnologie dell’informazione non daranno contributi significativi nella formazione dell’opinione”.

La sostanza discorsiva della democrazia può essere alimentata solo da flussi comunicativi originati da una sfera pubblica autonoma, vigile, mobile, che rigeneri le forze della solidarietà sociale, tenendo in vita e rianimando la scintilla della libertà comunicativa.  Solo la ricettività del contesto sociale, quindi, può attualizzare le potenzialità tecniche dei mezzi di comunicazione. La rete potrebbe essere strumento di libertà politica per una società abituata alla libertà politica. La democrazia continua ha bisogno di partecipazione continua.

(A cura di Paolo Pastore)

Bibliografia

  1. a) Fonti dottrinarie

BOBBIO L. e POMATTO G., Deliberative Polling svoltisi in Italia nel 2006 (Lazio) e nel 2007 (Torino).

COTTURRI G., La democrazia partecipativa, in Dem. dir., 2008.

D’AVANZO W., Partecipazione, democrazia, comunicazione pubblica. Percorsi di innovazione della pubblica amministrazione digitale, Rubbettino, 2009;

D’AVANZO W. Partecipazione e democrazia. La nuova governance- www.innovazionediritto.unina.it, 2014

DAHLGREN, P. “The Internet, Public Spheres, and Political Communication: Dispersion and Deliberation”, in Political Communication, 22, pp 147-162, 2005

HABERMAS, J. Storia e critica dell’opinione pubblica, Roma-Bari: Laterza, 2005

MASCIA, M., La società civile nell’Unione Europea. Nuovo orizzonte democratico, Venezia, Marsilio, 2004

MARZANO F., I progetti italiani di e-democracy, cit., 15. Per indicazioni concrete v. l’interessante nota di N. Calzolari – F. Marzano, Politica, Cittadini e Tecnologie: raccomandazioni per l’e-Participation, in www.astrid-online.it, 2010

MERLONI F. e ARENA G., Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, La trasparenza amministrativa, Milano, Giuffré, 2008.

MARZANO F., Politica, Cittadini e Tecnologie: raccomandazioni per l’e-Participation, in www.astrid-online.it, 2010

  1. B) sitografia

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www.europa.eu.int/futurum

www.innovazione.gov.it/ita/egovernment/infrastrutture/open_source_indagine.shtml

http://europa.eu.int/index_it.htm

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www.astrid-online.it

www.innovazionediritto.unina.it

[1] DAHLGREN, P. “The Internet, Public Spheres, and Political Communication: Dispersion and Deliberation”, in Political Communication, 22, pp 147-162, 2005

[2] MARZANO F., Politica, Cittadini e Tecnologie: raccomandazioni per l’e-Participation del 2010, in www.astrid-online.it.

[3] MARZANO F., Politica, Cittadini e Tecnologie: raccomandazioni per l’e-Participation, in www.astrid-online.it, 2010

[4] MASCIA, M., La società civile nell’Unione Europea. Nuovo orizzonte democratico, Venezia, Marsilio, 2004

[5] COTTURRI G., La democrazia partecipativa, in Dem. dir., 2008.


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