La rassegna stampa giuridica di Economia & Diritto – Aprile 2022
Corte di Cassazione sentenza n. 12713 del 21 aprile 2022
9 Con il loro primo motivo di ricorso, i contribuenti criticano la violazione di legge in cui sarebbe incorsa l’impugnata CTR, per non aver rilevato la nullità dell’avviso di accertamento, notificato alla società senza rispettare il termine di sessanta giorni decorrente dalla redazione e comunicazione del Processo Verbale di Costatazione. Non risulta contestato che il PVC sia stato redatto il 4.12.2008, a seguito di conclusione delle operazioni di accertamento. Altrettanto incontestato è il dato che l’avviso di accertamento per cui è causa è stato notificato il 10.12.2008. Pertanto il termine di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, non è stato rispettato dall’Amministrazione finanziaria.
9.1. In proposito deve ricordarsi che, a seguito delle oscillazioni giurisprudenziali richiamate dalle parti nei loro scritti difensivi, questa Corte di legittimità ha raggiunto in materia un orientamento ormai consolidato, espresso anche pronunciando a Sezioni Unite. Si è infatti chiarito che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio”, Cass. S.U., 29.07.2013, n. 18184.
9.2. Nel caso di specie, pure nel suo ricorso per cassazione, anche a prescindere da quanto a suo tempo riportato negli avvisi di accertamento, l’Amministrazione finanziaria indica quali ragioni dell’urgenza: “l’ufficio si è immediatamente attivato ponendo in essere un’attività di controllo che ha assicurato al contribuente una attiva cooperazione al procedimento amministrativo (vedasi al riguardo i verbali giornalieri allegati al pvc); tenuto conto della rilevanza degli imponibili accertati dall’ufficio e dell’imminente decadenza dei termini di accertamento previsti dall’art. 43 del Dpr 600/73, si realizzano pienamente i requisiti di particolare e motivata urgenza prescritti dall’art. 12 della L. 212/2000” (controric., p. 12).
9.2.1. Questi argomenti non possono essere condivisi. Lo svolgimento del contraddittorio preventivo in sede amministrativa, infatti, è adempimento diverso e non sostitutivo rispetto all’obbligo di riconoscimento al contribuente di un termine minimo di sessanta giorni, a seguito della comunicazione degli esiti dell’accertamento mediante consegna del PVC, prima di provvedere all’emanazione dell’atto impositivo. Inoltre, “la rilevanza degli imponibili accertati” non ha evidentemente rilievo al fine di dimostrare l’urgenza del provvedere, anche limitando le garanzie predisposte a favore del contribuente dall’ordinamento tributario. Neppure la prossimità della scadenza del termine utile per procedere all’accertamento, evitando l’Amministrazione finanziaria di incorrere nella decadenza dal potere di esercizio della pretesa impositiva, integra una ragione di urgenza che possa consentire di limitare le tutele riconosciute al contribuente. A tale ultimo proposito questa Corte di legittimità ha condivisibilmente ribadito che “in materia di garanzie del contribuentesottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000″, Cass. sez. VI-V, 16.3.2016,n. 5149.
9.3. Il primo motivo di ricorso proposto dai contribuenti risulta quindi fondato, e deve essere pertanto accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata, perché l’avviso di accertamento notificato alla società risulta invalido sin dalla sua origine, a causa dell’intervenuta violazione del diritto di difesa dei contribuenti”.
Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13129 del 27 aprile 2022
5 E’ insegnamento di questa Corte quello secondo cui «l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce “ex lege” presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività» (Cass., Sez. U., n. 7371 del 2016; conf., tra le altre, Cass. n. 12763 del 2017, Cass. n. 30873 del 2019, nonché Cass. n. 3622 del 2019 pronunciata tra le stesse parti).
5.1. Nel motivare la menzionata pronuncia le Sezioni unite hanno chiarito che l’affermato principio di diritto è da applicarsi anche alle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, salva la facoltà per la parte contribuente di fornire la prova contraria avente ad oggetto “non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa” (in tal senso anche Cass. n. 18920 del 2016 e Cass. n. 30873 del 2019).
5.2. Sul punto è stato ribadito che «l’eventuale esclusione da IRAP delle società semplici (esercenti attività di lavoro autonomo), delle associazioni professionali e degli studi associati è subordinata unicamente alla dimostrazione che non viene esercitata nessuna attività produttiva in forma associata. In altre parole, va provato che il vincolo associativo non si è, in realtà, costituito» (Cass. 31/10/2018, n.27843, in motivazione)”.
Corte di Cassazione Ordinanza numero 12854 del 22 aprile 2022
3.1 Questa Corte ha affermato che l’accertamento parziale di cui all’artt. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 «non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le stesse regole» (cfr. Cass., 04/12/ 2020 n. 27788, Cass., 28/10/2015, n. 21984, Cass., 7/11/2019, n. 28681; Cass., 1/10/2018, n. 23685; Cass., 4/4/2018, n. 8406). Tale accertamento differisce da quello ordinario in ragione della disponibilità, in capo all’Amministrazione, di elementi (non necessariamente provenienti da segnalazione di soggetti ad essa estranei, ben potendo derivare anche da fonti interne) idonei a dare contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie, senza richiedere, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di un ufficio valutativo ulteriore rispetto a quello che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione o lo svolgimento di ulteriori attività di approfondimento (appannaggio di accertamenti più complessi), valendosi di una «sorta di automatismo argomentativo» indotto da quelle fonti di conoscenza, per modo che il confezionamento dell’atto risulta possibile sulla base della sola segnalazione senza necessità di ulteriore approfondimento (cfr. Cass., 27788/2020 Cass., 23/12/2014, n. 27323; Cass., 10/2/2016, n. 2633).
3.2 E’ pacifico che l’art artt. 41-bis d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui fa salva l’ulteriore azione di accertamento nei termini di decadenza previsti, fa riferimento a pretese dell’Ufficio fondate su fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’Ente impositore, sia sopravvenuta all’accertamento, tali essendo anche quelli noti ad un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’atto al momento dell’adozione dello stesso, senza che rilevi in senso contrario l’art. 33 del medesimo decreto, che pone solo un dovere di reciproca collaborazione tra uffici finanziari e Guardia di finanza, proprio in considerazione della finalità propria dello strumento dell’accertamento parziale, ossia quella di favorire la sollecita emersione della materia imponibile, che non preclude, pertanto, l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice, anche ove definito con adesione (sul punto Cass. n. 27788/2020, Cass., 22/1/2018, n. 1542; Cass., 12/05/2006, n. 11057). Ciò, non in ragione dell’applicazione degli artt. 43, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, e 57, quarto comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, in tema di accertamento integrativo, stante la non sovrapponibilità di tale istituto con quello dell’accertamento parziale, siccome dettati per diverse finalità e soggetti a differenti discipline (vedi Cass., 1/10/2018, n. 23685; Cass., 28/10/2015, n. 21992), bensì in applicazione del principio di tendenziale unicità che connota gli accertamenti, di cui i due strumenti previsti dagli artt. 41-bis e 43 d.P.R. n. 600 del 1973 e 54, quinto comma, e 57, quarto comma, d.P.R. n. 633 del 1972 costituiscono deroga. Ne consegue che l’accertamento integrativo, susseguente a quello parziale, non può basarsi su atti o fatti acquisiti e già conosciuti dall’ente impositore fin dall’origine ma non contestati, in quanto ciò pregiudicherebbe il diritto del contribuente ad una difesa unitaria e complessiva, a cui presidio si pone il predetto principio generale, ma deve necessariamente fondarsi su nuovi elementi atti.
(Rassegna a cura di Michele Vanadia)
Rivista scientifica digitale mensile (e-magazine) pubblicata in Legnano dal 2013 – Direttore: Claudio Melillo – Direttore Responsabile: Serena Giglio – Coordinatore: Pierpaolo Grignani – Responsabile di Redazione: Marco Schiariti
a cura del Centro Studi di Economia e Diritto – Ce.S.E.D. Via Padova, 5 – 20025 Legnano (MI) – C.F. 92044830153 – ISSN 2282-3964 Testata registrata presso il Tribunale di Milano al n. 92 del 26 marzo 2013
Contattaci: redazione@economiaediritto.it
Le foto presenti sul sito sono state prese in parte dal web, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori fossero contrari alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo. In tal caso provvederemo prontamente alla rimozione.
Seguici anche su Telegram, LinkedIn e Facebook!