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In nome dell’ordine pubblico – Parte II. La genitorialità: un diritto a mezza via

Introduzione

Il presente contributo, vuole fare luce sul significato evolutivo che contraddistingue il principio di ordine pubblico in relazione al diritto alla genitorialità e alla tutela del nato nel contesto delle pratiche di procreazione medicalmente assistita eterologa praticata da coppie same sex e della maternità surrogata. Dalla qualificazione del principio come interno o internazionale, derivano effetti diversi e proprio tali effetti pongono dubbi di legittimità costituzionale in ordine al principio di uguaglianza e non discriminazione e al diritto alla genitorialità, inteso da chi scrive come fondamentale.

  1. Costituzione e nuove formazioni familiari

Sebbene ancora oggi, la famiglia tradizionale ricopra un ruolo privilegiato, l’evoluzione della società ha determinato, gradualmente, il sorgere di rapporti familiari diversi[i]. L’orientamento giuridico-sociale interno, pur con gravi ritardi rispetto ad altri Paesi europei ed extraeuropei, è necessariamente dovuto evolversi, in modo tale, da aprirsi alla tutela delle nuove formazioni familiari. L’avvio di tale cambiamento normo-ordinamentale,  pure in mancanza di una legislazione conforme, può essere individuato con la Costituzione, la quale, sposta il baricentro valoriale dalla sfera pubblicistica, alla protezione della persona, aderendo ai principi fondamentali enunciati nella Dichiarazione Universale dei diritti umani.

L’articolo 29 della Costituzione se da una prima lettura può essere considerato il nucleo normativo di principio che sancisce la centralità della famiglia legittima, deve in realtà, necessariamente, essere letto in combinato con gli articoli 2, 3, 30 e 31, i quali enunciano i principi della tutela della persona in tutti gli ambiti sociali, (come singolo e come formazione sociale), dell’uguaglianza, della non discriminazione, del compito dello Stato di garantire l’evoluzione della persona e dell’apertura del sistema giuridico verso la tutela dei figli nati fuori dal matrimonio, previa espressa equiparazione a quelli nati da famiglia unita in matrimonio. Proprio il sistema dei principi costituzionali ci permette di rilevare lo spirito evoluzionista del testo Costituzionale, perché secondo quest’ultima è evidente l’esigenza di assicurare la tutela legale nei confronti dei figli, a prescindere dal tipo di famiglia in cui sono generati. Il duplice meccanismo di tutela che si direziona verso la famiglia, intesa come tipo di formazione legale (legittima-di fatto) e verso la filiazione, così come provato dal sentimento sociale tradizionalista, si fondano sul valore e sul fine procreativo ma, al contempo, la stessa Costituzione non preclude la tutela di entrambi gli istituti a prescindere da una loro eventuale interconnessione. Infatti, si è passati, gradualmente, da un ordinamento che basava i legami familiari quasi esclusivamente sul dato genetico, a dimostrazione di ciò si può fare riferimento all’istituto della parentela (art. 74 c.c.) e all’importanza che quest’ultima riveste nell’istituto successorio, alla valorizzazione delle relazioni sociali-familiari in concreto. Ciò significa che il diritto vigente è andato oltre la qualificazione formale di coniuge e di parente, riconoscendo e garantendo una vasta gamma di rapporti duraturi, incentrato sull’affettività e sulla significatività dello stare insieme (criterio del rapporto).

  1. Il diritto, a mezza via, alla genitorialità

Parte integrante della vita familiare, e perciò stesso dell’evoluzione personale e sociale di un individuo, è sicuramente l’esigenza di costruire una famiglia. Il nostro sistema giuridico è orientato verso la realizzazione e la tutela della genitorialità, tradotto sia come diritto a diventare genitori e sia come diritto del nato ad avere dei genitori. In tale senso, operano istituti come l’adozione[ii], la più recente e discussa legge sulla procreazione medicalmente assistita[iii] e la connessione tra la normativa interna (la l. 10 dicembre 2012, n. 219, d. lg. 28 dicembre 2013, n. 154, che ha reso unica la condizione dei figli, disponendo il loro inserimento nelle reti di parentela dei genitori, a prescindere dalla sussistenza tra loro del matrimonio (art. 74 c.c. e art. 258 c.c.), nonché ha generalizzato la regola secondo cui l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi i genitori, indipendentemente dal fatto che tra loro sussistano legami di diritto o di fatto) e quella di matrice europea-internazionale, rivolta alla tutela del minore[iv](Conv. Aja 29 maggio 1993, tutela dei minori e adozione internazionale art. 30, Convenzione ONU 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo). Ed è il rapporto tra tale sostrato normativo, poc’anzi richiamato, e lo sviluppo delle tipologie familiari, a scatenare continue dispute dottrinali e giurisprudenziali, nell’ottica finalistica di assicurare la migliore tutela della situazione giuridica concreta.

La legge sulla procreazione medicalmente assistita, che ha permesso a quanti fossero incapaci, per ragioni di sterilità (relativa o assoluta), di  procreare, di poter realizzare, attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita omologa o eterologa, il diritto alla genitorialità e il riconoscimento giuridico della vita di coppia condotta da persone omosessuali e la seguente legalizzazione del tipo Unioni civili, crea non pochi dubbi di legittimità costituzionale, in relazione ai principi di uguaglianza e non discriminazione da una parte e al principio della tutela della vita familiare, al diritto alla genitorialità e alla tutela del minore dall’altra. I problemi interpretativi ruotano intorno alla genitorialità e quindi al contrasto tra la realizzazione di tale diritto da parte dei tipi familiari (omogenitorialità-bigenitorialità-famiglia tradizionale e famiglia omosessuale che ricorrono a tecniche di procreazione medicalmente assistita vietate nell’ordinamento interno- adozioni) con i divieti normativi interni.

La legge 40/2004, anche se dopo l’intervento correttivo effettuato dalla Corte Costituzionale[v]  prevede il libero accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, continua a non prevedere l’accesso a tali tecniche per le persone che non vivono un rapporto di coppia (single) e per le coppie omosessuali e fa espresso divieto di ricorrere alla particolare pratica della surrogazione di maternità (nel caso di coppie composte da due uomini, rappresenta l’unica modalità medico-artificiale per realizzare il desiderio di diventare genitori). Di concerto a tale disciplina, la legge sulle unioni civili non fa alcun riferimento alle norme del codice civile dedicate alla filiazione, né tanto meno alle disposizioni previste dalla legge 184/1983 (sulle adozioni), segnando una precisa linea di confine, oltre la quale, per tali coppie non è possibile procedere.

Dal panorama normativo interno, sembra proprio, che la genitorialità sia un diritto riservato alle coppie eterosessuali e tale impostazione sistemica, crea dubbi di legittimità costituzionale in ordine al rispetto del diritto alla genitorialità stesso e alla condizione di omosessuale. In un sistema costituzionale ancorato alla tutela della persona, dove svolge un ruolo predominante il principio della libertà di autodeterminazione, che trova ancoraggio costituzionale negli artt. 2, 3 e 31 della Carta e che esplica la libertà di vivere la propria vita familiare, così come previsto dalla CEDU sul diritto al rispetto della vita privata e familiare di ciascuno (art. 8) e dall’art. 7 della Carta di Nizza, è forte l’esigenza che l’ordinamento, una volta determinato l’ambito della sua rilevanza attraverso il contemperamento con eventuali diritti, interessi e valori configgenti, vi appresti garanzia di attuazione. Garanzia di attuazione che diviene sempre più obbligata, alla luce del disposto dell’art. 3 Cost., la cui precettività antidiscriminatoria va ancora oggi sottolineata: il canone della pari dignità sociale e dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge, senza distinzione di sesso o di condizioni personali e sociali, non va obliterato e trova semmai maggior forza nelle disposizioni della Convenzione di Roma, sul divieto di discriminazione fondato sul sesso o altra condizione (art. 14) e della Carta di Nizza che esplicitamente si riferisce all’orientamento sessuale (art. 21). Il valore del diritto alla genitorialità, viene trapelato anche dalla Consulta, la quale afferma che “l’aspirazione alla genitorialità, ove non possa trovare naturale realizzazione, può impingere il diritto alla salute negli individui nei quali la frustrazione si traduca in una patologia che ne compromette il benessere psico-fisico”[vi]. Ancora, va considerato che la CDFUE (e la CEDU) riconosce il diritto di ogni persona di sposarsi e di costituire una famiglia e ne affida la garanzia di attuazione alle leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio e che la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha ricondotto alla previsione sul diritto al rispetto della vita privata (e familiare) di cui all’art. 8 Cedu (e all’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue) il riconoscimento del diritto al rispetto della decisione di avere figli, come di quella di non averne. Emblematico, in tal senso, è il caso Dickson c. The United Kingdom[vii] dove i giudici europei hanno ritenuto, altresì, che l’art. 8 della Convenzione ricomprenda il diritto al rispetto della decisione della coppia di diventare genitori genetici attraverso il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (necessarie, nella fattispecie, poiché il marito era detenuto in carcere).  La valenza di diritto della genitorialità sembra quindi assorbita e generalmente accettata. Tuttavia, lo Stato gode di un certo margine di apprezzamento nella scelta delle modalità di realizzazione, il quale si traduce nella tutela di un contro-interesse pubblico da salvaguardare e che spesso, è in grado di far retrocedere la stessa genitorialità. Accade cioè l’innescarsi di diverse situazioni giuridiche che collidono con le disposizioni normative interne, perché non previste e tipizzate o al contrario espressamente vietate. Tali situazioni giuridiche, potenzialmente lesive del complesso sistemico normativo interno, si generano tramite la combinazione di due fattori, il progresso socio-politico, supportato dal progresso tecnico-medico e la normazione positiva rivolta a prevedere e a tutelare tali situazioni e rispettivamente “certe categorie di persone”.

Nel nostro ordinamento vige un generale principio di non accettazione della genitorialità riconnessa alle coppie omosessuali, le quali sono considerate formazioni sociali non perfettamente inquadrate come realtà familiari. Allo stesso tempo, vige un espresso divieto di ricorrere alla pratica della gestazione per altri[viii], considerata non dignitosa sia a livello di coscienza sociale, che individuale, in relazione alla tutela della gestante. Nella Carta di Nizza, in particolare, l’inviolabilità della dignità umana (art. 1) è associata al diritto all’integrità personale, della quale il «divieto di fare del corpo umano […] una fonte di lucro» (art. 3, comma 2) è una delle manifestazioni. È la dignità della persona, che la Corte costituzionale ha ritenuto offesa in modo “intollerabile” dalla maternità surrogata, giacché “mina nel profondo le relazioni umane” a prescindere dalla natura commerciale o altruistica dell’accordo[ix]. In entrambi i casi, infatti, tale pratica cancella il rapporto tra la donna e il figlio che porta in grembo, assimilando la prima a supporto materiale e il nato a oggetto di scambio, in una logica meramente proprietaria ed in collisione con l’istituto delle adozioni. Entrambe le fattispecie, fanno riferimento al principio del rispetto dell’ordine pubblico e tale obbligo giuridico esprime la sua effettività, nel rapporto con le situazioni giuridiche che riflettono i temi poc’anzi esaminati e che presentano elementi di estraneità. In presenza di elementi di estraneità, in virtù della l. 31-5-1995 n. 218, lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale di quest’ultimo o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino (art. 33, co. 1). La legge nazionale del figlio disciplina pure i rapporti personali e patrimoniali tra il medesimo e i genitori, compreso l’esercizio della responsabilità genitoriale (art. 36), tra l’altro, le norme di diritto italiano attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale (art. 36 bis). L’applicazione della legge straniera, comunque, incontra il limite della “clausola di salvaguardia”, dell’intangibilità dei valori fondamentali dell’ordinamento giuridico interno: essa non può operare se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico (art. 16) ovvero ai valori primari che delineano l’identità giuridica dell’ordinamento (ordine pubblico internazionale) preservandone l’armonia interna. Quanto, poi, all’atto di nascita formato all’estero relativo a cittadino italiano, l’art. 17 del d.p.r. 3-11-2000, n. 396 dispone che l’autorità diplomatica o consolare ne trasmette copia all’ufficiale dello stato civile italiano competente per la trascrizione. Anche in tal caso, però, la trascrizione non è ammessa qualora l’atto formatosi all’estero sia contrario all’ordine pubblico (art. 18 d.p.r. 396/2000 e art. 65 l. 218/1995). Parallelamente al disposto normativo, bisogna considerare la realtà fattuale, dal momento che l’impasse impeditivo della normativa interna può essere ed effettivamente viene superato tramite la realizzazione del proprio progetto genitoriale nell’ordinamento di uno Stato, in cui le determinate tecniche e procedure sono ritenute lecite, al contrario dell’ordinamento di provenienza (il riferimento è anche al fenomeno comunemente indicato come “turismo procreativo[x]”). L’istituzione del rapporto di filiazione nell’ordinamento straniero, secondo procedure, anche adottive, non consentite dal diritto italiano, pone il problema della possibile “ricezione”, per effetto delle norme di diritto internazionale privato poc’anzi richiamate, del rapporto e dello status nelle categorie che articolano il sistema o comunque nell’ambito della rilevanza giuridica e per tale ragione, produce problemi di interpretazione e di applicazione, nell’ottica di scegliere l’interesse o il diritto meritevole di tutela nel caso concreto. Ed è proprio tale contrasto ermeneutico-giuridico che ci si prefigura di analizzare, al fine di osservare cosa si debba intendere concretamente per limite o principio di ordine pubblico.

  1. La giurisprudenza

A dare una prima infarinatura chiarificatrice in merito, è accorsa la Corte EDU che, con le sentenze gemelle Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia[xi], ha riconosciuto, nei casi di specie, la violazione dell’art. 8 CEDU (che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare) in caso di rifiuto da parte delle autorità nazionali, di riconoscere valore legale alla relazione tra un padre e i suoi figli biologici nati all’estero, facendo ricorso alla surrogazione di maternità. Nel caso specifico, i ricorrenti, due coppie coniugate di nazionalità francese, decidono di ricorrere negli Stati Uniti (rispettivamente in California e nel Minnesota) alla tecnica di PMA fecondazione eterologa e all’utero in affitto, considerate pratiche illegali in Francia.  Dopo la nascita del bambino, le autorità americane adottano un provvedimento nel quale viene attribuito ai ricorrenti (ossia ai genitori “committenti”) lo status di padre e di madre del nato. Le autorità francesi, però, sospettando che la nascita sia avvenuta facendo ricorso a surrogazione di maternità, rifiutano di trascrivere gli atti di nascita formati all’estero perché in contrasto con l’ordine pubblico. La Corte di Cassazione francese, investita della questione, conferma il rifiuto di trascrizione opposto, sottolineando come la trascrizione degli atti di nascita equivarrebbe a riconoscere effetti giuridici a un contratto di maternità surrogata (ossia ad un contratto nullo secondo il diritto francese perché contrario all’ordine pubblico). La Corte Edu, all’unanimità, ha riconosciuto che vi è stata violazione dell’art. 8 CEDU in relazione al diritto dei minori alla loro vita privata, mentre ha escluso che possa esservi stata violazione della medesima disposizione, in relazione al diritto al rispetto della vita familiare dei ricorrenti. Infatti, quanto alla posizione dei genitori “sociali”, nell’escludere la violazione dell’art. 8 la Corte rileva che il mancato riconoscimento del rapporto di parentela da parte delle autorità francesi, non ha impedito ai ricorrenti di trasferirsi in Francia dopo la nascita dei bambini e lì vivere insieme a loro in condizioni paragonabili, in linea di massima, a quelle nelle quali vivono le altre famiglie, senza pericolo per i bambini, di essere separati dai loro genitori in ragione della loro posizione giuridica: non ha impedito, cioè, ai ricorrenti, di godere del loro diritto al rispetto della vita familiare. Invece, la Corte ha ritenuto che vi sia stata violazione del diritto dei bambini al rispetto della loro vita privata, che implica la possibilità, da parte di ciascuno, di definire i contenuti essenziali della loro identità, compresi i rapporti di parentela. Inoltre, si pone un problema di compatibilità di questa situazione con il supremo interesse dei minori, il cui rispetto deve guidare tutte le decisioni che li riguardano. Queste considerazioni, secondo la Corte, assumono rilevanza maggiore quando uno dei genitori che è ricorso alla surrogazione di maternità è, come nella specie, anche il padre biologico dei minori. Tenuto conto che la parentela biologica è una componente importante dell’identità di ciascun individuo, non si può certo affermare che corrisponda al supremo interesse del minore, privarlo del riconoscimento giuridico del rapporto di parentela, soprattutto quando tale rapporto corrisponde alla realtà biologica. In conclusione, la Corte invitava la Francia a procedere, in maniera tempestiva, nel riconoscimento del rapporto giuridico tra il figlio ed il genitore biologico, lasciando libertà di attuazione allo Stato (margine di apprezzamento).

Sulla stessa problematica intervenne, per la prima volta, la Corte di Cassazione con sentenza 11/11/2014 n° 24001[xii].  La vicenda originava dal ricorso promosso dal Pm presso il Tribunale per i Minorenni di Brescia, il quale segnalava l’esistenza di un procedimento penale a carico di una coppia, per aver presentato un certificato di nascita falso, in base al quale venivano riconosciuti entrambi come genitori biologici del minore in questione, pur avendo la donna subito una isterectomia e pur essendo il padre affetto da oligospermia. La coppia, costituitasi, aveva ammesso di essere ricorsa alla surrogazione di maternità, pratica consentita in Russia e, nel corso del giudizio, la Ctu confermava che nessuno dei due era effettivamente genitore biologico del minore. Pertanto, in primo e in secondo grado, il giudice del merito stabiliva che il contratto di surrogazione era da ritenersi nullo, in quanto la suddetta pratica era avvenuta in violazione anche della legge Russa, che prevede che almeno il 50% del patrimonio genetico del nascituro appartenga alla coppia committente. Inoltre, il certificato di nascita veniva dichiarato contrario al nostro “ordine pubblico”, atteso il divieto posto dalla Legge 40/2004. Logica conseguenza, per i giudici del merito, è la perdita dello status di figlio legittimo da parte del minore, il suo stato di “abbandono” e la conseguente adottabilità, con contestuale allontanamento dalla coppia di genitori “committenti”, anche in ragione della condotta da loro tenuta, volontariamente elusiva della legge italiana. La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha confermato la sentenza di merito, innanzitutto osservando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla coppia, il concetto di ordine pubblico non riguarda solo “i valori condivisi dalla comunità internazionale”, ma comprende anche “principi e valori esclusivamente propri, purché fondamentali e perciò irrinunciabili”. Concludeva, per tanto, affermando che: “La surrogazione eterologa (o, nel linguaggio comune, “utero in affitto”) è vietata dalla legge italiana, anche dopo il recente intervento del giudice delle leggi (n. 162/2104) che ha dichiarato incostituzionale il divieto alla fecondazione eterologa. Pertanto, il minore, seppur munito di un certificato di nascita estero, quando è privo di legami biologici con i genitori committenti, è adottabile[xiii]”.

Tale pronuncia, per la novità dell’intervento e per le conseguenze giuridiche prodotte, susciterà un certo clamore e costituirà un punto di comparazione a cui fare riferimento, in merito agli sviluppi giurisprudenziali successivi in materia.

A livello internazionale, il primo procedimento di una certa rilevanza, è rappresentato dalla prima pronuncia della Corte EDU sul caso Paradiso-Campanelli nel 2015[xiv]. La vicenda origina dal rifiuto di trascrivere, da parte dell’autorità italiana, l’atto di nascita, richiesto dai coniugi ricorrenti, relativo ad un bambino nato con pratica di gestazione per altri, che per le modalità con cui essa è stata portata a termine, aveva violato la normativa russa. Proprio dall’autorità Russa pervenne in Italia la notizia di commissione del reato di falso, per avere i genitori committenti dichiarato di essere entrambi genitori del nato, contravvenendo al divieto di ricorrere alla pratica della maternità surrogata in assenza della trasmissione genetica pari ad almeno al 50%. A seguito dell’illecito, veniva dichiarato lo stato di adottabilità del minore con l’allontanamento del bambino dalla casa dei ricorrenti. E’ proprio tale misura che costituisce il nucleo centrale della soluzione del caso da parte della Corte EDU. Quest’ultima veniva, infatti, giudicata quale ingerenza nella vita privata e familiare dei ricorrenti. In primo luogo, la Corte ribadisce, l’importante principio, ormai più volte affermato, che l’art. 8 si applica in situazioni in cui vi siano legami familiari di fatto e non solo di diritto (par. 68-69). Poiché i coniugi Campanelli hanno trascorso più di sei mesi con il piccolo, agendo come suoi genitori, è innegabile che tali legami familiari sussistano e siano degni di tutela ex art. 8. In più, secondo la Corte, il fatto che il ricorrente abbia cercato di far riconoscere il proprio legame di parentela con il bambino attraverso il test del DNA conferma, secondo i giudici, la rilevanza della fattispecie anche sotto il profilo della tutela della vita privata. Non vi è infatti alcun motivo, da un lato, per ritenere che l’assenza di un legame genetico possa influire negativamente sull’esistenza del legame familiare e, dall’altro, per impedire di considerare l’accertamento di tali legami genetici come rilevante sotto il profilo del diritto del singolo a sviluppare legami con i propri simili. Su questo punto, la Corte si è già espressa in altre occasioni, sottolineando come nel concetto di vita privata debba intendersi ricompreso quello di identità personale, ovvero di diritto del singolo a definire se stesso attraverso le relazioni sociali. La Corte poi conclude affermando che in ogni caso, nelle situazioni in cui è coinvolto il minore, l’interesse superiore di questi deve comunque prevalere ed essere l’oggetto principale dell’opera di bilanciamento fra interesse del singolo e quello della comunità e sulla base di questa conclusione condannava l’Italia per aver violato l’articolo 8, sia con riferimento ai coniugi, che al bambino. Sulla base del contenuto di questa pronuncia, dove per la prima volta si definisce la rilevanza del rapporto che, nella valutazione della liceità della condotta, deve prevalere rispetto ad altri fattori, quali il legame biologico, la Corte di Cassazione, muta orientamento e contrariamente a quanto espresso nella sentenza n. 24001/2014, dove ha affermato una nozione di o.p.i. “forte” e “difensiva” dei principi dell’ordinamento nazionale, con la sentenza 30.9.2016, n. 19599[xv],  ha ricondotto le valutazioni in merito agli status familiari riconosciuti da un atto giurisdizionale straniero, all’ordine pubblico internazionale, inteso quale “complesso dei principi […] ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati a un livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria”, prospettando quindi una nozione di ordine pubblico più elastico e protettivo dei diritti fondamentali. Nella specie, due donne, una spagnola e l’altra italiana, si sposano in Spagna per realizzare il loro progetto familiare, l’italiana mette a disposizione un proprio ovulo che, fecondato con gamete di donatore anonimo, viene impiantato nell’utero dell’altra donna, per cui si delinea una fattispecie di coppia formate da due donne, di cui una gestante e l’altra donatrice dell’ovulo. Nasce in Spagna un bambino che, nell’atto di nascita, viene indicato come figlio di entrambe, conformemente alla normativa del su detto Stato. Interviene il divorzio tra di esse e l’ufficiale di stato civile di Torino, al quale le due donne si erano rivolte, nell’atto di dover accertare i requisiti di idoneità dell’atto, ne rifiuta la trascrizione, in quanto ritenuto contrario al principio di ordine pubblico, a norma del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 18, e L. n. 218 del 1995, art. 65. Con la stessa motivazione, viene rigettato il ricorso proposto contro il diniego di trascrizione. Il tribunale di Torino, specificò di non poter procedere al suo accoglimento, perché nel vigente ordinamento interno, è di ordine pubblico il principio che considera madre solo colei che partorisce, così come si desume dall’articolo 269 del codice civile, così come è principio di ordine pubblico il divieto di maternità surrogata ex articolo 12 della legge 40/2004. La questione giunge al vaglio della Suprema Corte, la quale, ribalta le precedenti decisioni sul caso e muta il proprio orientamento giurisprudenziale sul tema. Basandosi sul concetto di ordine pubblico internazionale, infatti, afferma: “l’ordine pubblico, la cui contrarietà impedisce la trascrizione in Italia di atti dello stato civile formati all’estero, ex art. 18 D.P.R. 2000/396, attiene ad ‘esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo'(…) ‘la trascrizione in Italia di un atto di stato civile validamente formato all’estero, nel quale risulti la nascita del figlio da due madri non contrasta con l’ordine pubblico (nell’accezione anzidetta), per il fatto che il legislatore nazionale non prevede o vieta tale fattispecie‘”. La Corte, dopo aver specificato, che il divieto di maternità surrogata non può assurgere a principio di ordine pubblico, dal momento che è espressione della discrezionalità legislativa, essendo contenuto in legge ordinaria, continua l’iter logico-motivazionale, chiarendo che la donazione di un ovulo da una donna alla propria partner, che partorisce grazie al gamete di maschio anonimo, realizza una fattispecie differente dalla maternità surrogata e tutt’al più si può trattare di  «una tecnica fecondativa simile ad una fecondazione eterologa in virtù dell’apporto genetico di un terzo (ignoto)». Allo stesso tempo, il disposto di cui all’art. 269, c. 3, c.c. (per cui madre è colei che partorisce), non impedisce il riconoscimento in Italia di un atto di nascita estero, in cui il nato risulti figlio di due madri (quella che ha partorito e quella genetica), in quanto il principio “mater semper certa est” e cioè la coincidenza tra colei che partorisce e colei che trasmette il patrimonio genetico, non è allo stato più imprescindibile alla luce delle più recenti evoluzioni tecnico-scientifiche. Per tali considerazioni, al fine di assicurare la tutela del preminente interesse del minore, che nel caso di specie si realizza attraverso il diritto fondamentale alla conservazione dello status di figlio acquisito all’estero, in linea con quanto espresso dal combinato disposto degli articoli 2-3-30-31 della Costituzione, è necessario procedere alla trascrizione dell’atto di nascita, risultante irrilevante sia la tecnica utilizzata dai coniugi, sia le relative norme interne violate.

Dello stesso tenore interpretativo e con una visione predittiva sia della giurisprudenza autorevole interna, che di quella europea, è il Tribunale di Bari, che con sentenza pronunciata nel 2009, impose al Comune, dopo il diniego iniziale, la trascrizione negli uffici dell’anagrafe del nome della madre legale che aveva fatto ricorso alla maternità surrogata, motivando la decisione sulla necessità di tutelare l’interesse del minore[xvi].

Nel caso di specie, si trattava di una donna avente cittadinanza italiana ed impossibilitata a procreare a causa di una malattia degenerativa, coniugata ad un uomo avente cittadinanza inglese, i quali si recarono in Inghilterra al fine di realizzare il loro desiderio di diventare genitori, tramite il ricorso alla pratica della gestazione per altri, lecita in loco. Dal ricorso alla su detta pratica, nel ‘97 nasce un bambino e nel 2000 una bambina, che vengono registrati come figli della madre intenzionale, tramite l’emissione di due “parental orders[xvii]” che attribuiscono alla donna barese la maternità legale, con contestuale rinuncia della madre biologica (che non riceve alcun compenso). Dalla decisione della donna pugliese di restare in Italia, a seguito dell’intervenuto divorzio, deriva la sua richiesta di procedere alla trascrizione dei provvedimenti parentali (i “parental orders”), in modo da far riconoscere anche in Italia il suo status legale di madre dei due minori. A seguito del rifiuto espresso dall’ufficiale di stato civile, la donna si rivolse al Tribunale di Bari che emanava una sentenza di accoglimento. Proseguono in tal senso, la Corte di Appello di Torino con sentenza dell’ottobre del 2014[xviii], la quale ha riconosciuto due donne come  madri di un bambino nato in Spagna tramite la fecondazione eterologa, il Tribunale di Varese che nel 2014[xix], ha pronunciato l’assoluzione di due coniugi dal reato di falsa attestazione, sul presupposto che l’atto di nascita era conforme alla normativa del luogo dove venne costituito, la Corte di Appello di Milano, con decreto del 2016[xx], con il quale ha ordinato la trascrizione di un atto di nascita, formato in California, relativo a due minori, nati da parto gemellare a seguito di ricorso alla gestazione per altri e legati geneticamente ad una stessa donatrice di ovocita – diversa dalla portatrice – e, rispettivamente, ai due padri, la Corte di Appello di Trento che nel 2017, con ordinanza, ha dichiarato efficace un provvedimento giurisdizionale straniero, relativo a due conviventi maschi, dichiarati genitori di due bambini, nonostante per uno dei conviventi, non vi fosse alcun rapporto biologico con i nati, ed un’ulteriore sentenza della Suprema Corte, Cass. 15 giugno 2017, n. 14878[xxi], che ha accolto il ricorso di due donne, coniugate all’estero, le quali intendevano trascrivere l’atto di nascita del figlio di una di esse (a seguito di fecondazione assistita con seme di donatore anonimo), indicato da un ufficio dello stato civile inglese, previa rettificazione, come figlio di entrambe, conformemente alla normativa colà vigente, alle quali detta trascrizione, venne rifiutata. In entrambe le sentenze pronunciate, la Corte di Cassazione condivideva “l’intuizione di una parte della dottrina secondo la quale, l’art. 269, comma 3, c.c. è una norma riguardante la prova della maternità (che) trova conferma nel secondo comma del medesimo articolo”, oltre che nell’art. 241 c.c., ricordando che “quello enunciato dal terzo comma dell’art. 269 c.c. ha costituito per millenni un principio fondamentale (mater semper certa est), idoneo a fotografare gli effetti, sul piano del diritto, della piena coincidenza in una sola donna di colei che partorisce e di colei che trasmette il patrimonio genetico. Questa coincidenza, tuttavia, nel tempo è divenuta non più imprescindibile, per via dell’evoluzione scientifico-tecnologica che, ha reso possibile scindere la figura della donna che ha partorito, da quella che ha trasmesso il patrimonio genetico grazie all’ovulo utilizzato per la fecondazione”. Non di un’estensione del principio mater semper certa si tratta, dunque, ma della sua negazione in ogni ipotesi di procreazione attraverso ovocita appartenente a donna diversa dalla partoriente. Allo stesso tempo, attraverso lo strumento del bilanciamento, la Corte si mantiene ferma sul significato giuridico attribuito al concetto di ordine pubblico internazionale e sulla base di tale definizione, ribadisce l’indispensabilità di garantire la migliore tutela dei diritti fondamentali, nella specie, del diritto fondamentale del minore a crescere nella sua famiglia, a mantenere quindi lo status di figlio come costituito, relegando gli obblighi di legge interni ad un ruolo secondario. Sebbene la giurisprudenza interna sembri percorrere, per la maggior parte, lo stesso filo conduttore, in realtà, il quadro giuridico che riguarda la genitorialità ed il ricorso alla maternità surrogata, non è poi così risolto. O meglio, da un’analisi più approfondita, si possono cogliere delle differenze fattuali che generano a sua volta delle diverse soluzioni giuridiche, prescindendo dal generale principio fondamentale che regge il caso. Cerchiamo di scendere nel dettaglio. All’indomani della pronuncia del 2017 della Corte di Cassazione, giunge dall’Europa, una nuova pronuncia della Corte EDU, che a grande sezione, ribalta la precedente decisione del 2015 e ne delinea un nuovo volto, composito di diverse e tendenziose sfumature. Ci si sta riferendo, al giudizio finale sul caso Paradiso-Campanelli[xxii]. A seguito della condanna inflitta dalla Corte EDU allo Stato italiano, per violazione dell’articolo 8 CEDU, quest’ultimo propose richiesta di riesame, a conclusione del quale la Grande Camera, con sentenza del 24 gennaio 2017, ha capovolto l’esito del giudizio, accogliendo la posizione dell’Italia. L’esito del giudizio si basa su alcune circostanze giuridico fattuale che sono state rivalutate. La prima è la conclusione che il periodo trascorso dai ricorrenti con il minore, fosse troppo breve da poter determinare un bisogno di continuità affettiva da garantire.  Connessa a tale dato, rileva la totale mancanza di legame biologico tra i coniugi ed il minore. Entrambi i fattori appena esaminati, fungono da base giuridica per procedere nel senso di escludere la fattispecie del caso concreto, dal regime normativo tutelato dall’articolo 8 della CEDU, non si tratta cioè di vita familiare. La Grande Camera ha invece ritenuto che fosse applicabile l’art. 8 CEDU nella prospettiva della tutela della “vita privata” dei ricorrenti, che sarebbe stata integrata, nel caso di specie, in virtù del preciso progetto genitoriale perseguito dai coniugi e riconosciuto come legittima aspettativa per lo sviluppo della personalità dei ricorrenti. Sotto questo profilo, la Grande Camera ha considerato che le misure di allontanamento del minore adottate dall’Italia, avessero costituito un’ingerenza nella vita privata dei ricorrenti ma, tale ingerenza risulta giustificata, in quanto prevista dalla legge e necessaria alla tutela di un interesse superiore, individuato nell’esigenza prioritaria di protezione del minore. Pertanto, ciò che nel primo giudizio ha determinato la condanna dell’Italia, nel riesame operato dalla Grande Camera, ne ha costituito invece l’assoluzione, perché la violazione della normativa interna sul divieto di maternità surrogata, costituisce un illecito così grave, da non poter essere accantonato, anzi, l’assicurarne il rispetto, protende ad assicurare la tutela del minore, che si trova, senza sua colpa, in tale situazione di illegalità.

Nelle conclusioni argomentative prospettate dalla Grande Camera, sicuramente, balza all’occhio critico il particolare fattuale-giuridico dell’assenza assoluta del legame biologico. Sebbene, la stessa Corte EDU, abbia già precisato[xxiii], che si può parlare di vita familiare quando la relazione si basi su fattori diversi dal mero dato biologico eppure, sembra che quest’ultimo fattore, costituisca un ruolo influente nel bilanciamento degli interessi contrapposti nel caso concreto.

L’importanza del fattore biologico, come legame tra coniugi e minore, espleta la sua rilevanza in una recente pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite sul tema, che con sentenza n. 12193/2019[xxiv] nega la trascrizione di una sentenza straniera che riconosce la doppia paternità. Il caso riguardava la richiesta di una coppia formata da due uomini, padri di due minori, concepiti con il liquido seminale di uno di loro mediante il ricorso alla maternità surrogata, attuata con la collaborazione di due donne, delle quali una aveva messo a disposizione gli ovociti e l’altra aveva portato a termine la gestazione, di essere riconosciuti come tali in Italia. I ricorrenti, dopo aver ricevuto il diniego del riconoscimento dell’efficacia nell’ordinamento interno, del provvedimento costitutivo dello status genitoriale, sia nei confronti del genitore biologico che di quello intenzionale, emesso dalla Superior Court of Justice dell’Ontario, avevano adito la Corte d’Appello di Trento, tramite ricorso basato sul disposto dell’articolo 67 della l. n. 218/1995, la quale aveva accolto la domanda (Corte d’Appello di Trento – ord. 23 febbraio 2017)[xxv]. Contro il provvedimento ricorrono in Cassazione, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Trento, il Sindaco di Trento ed il Ministero dell’Interno. Per l’estrema importanza e difficoltà del tema trattato, la questione è stata devoluta alle Sezioni Unite Civili, le quali hanno ritenuto di dover cassare la sentenza impugnata e di respingere la domanda di trascrizione, sulla base della contrarietà del provvedimento straniero al principio di ordine pubblico, desunto nel caso di specie dall’articolo 12, comma 6 della legge 40/2004, che stabilisce espresso divieto di ricorrere alla pratica della maternità surrogata, considerata lesiva sia della dignità della donna gestante, che dell’istituto delle adozioni ed in generale “lesiva delle relazioni umane”, così come ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 272/2017. Dalla motivazione poc’anzi richiamata, si evince un’inversione di marcia sull’interpretazione e l’applicazione del principio dell’ordine pubblico, infatti, la Corte afferma che “in tema di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l’ordine pubblico, richiesta dagli artt. 64 e ss. della legge n. 218 del 1995, dev’essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, così come si era pronunciata nel 2016 e nel 2017, ma anche del modo in cui gli stessi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria”, tornando alla nozione elaborata nel 2004. Precisa infine, che il rispetto dei limiti di legge interni, non preclude la tutela del diritto del minore alla genitorialità perché quest’ultimo, può essere garantito ricorrendo allo strumento dell’ adozione, ex articolo 44, lett. D. della legge n.184/1983, essendo la materia nella discrezionalità del legislatore, così come delineato nel concomitante parere[xxvi] espresso dalla Corte Edu, ex protocollo 16 annesso alla CEDU, su richiesta della Corte di Cassazione francese. La Corte di Cassazione, nel giudizio sul caso appena esaminato, rinviene nel su detto parere emanato dalla CEDU, le fondamenta giuridiche per procedere nel senso appena descritto. E’ doveroso quindi, affrontare in linea generale, il procedimento logico-giuridico adottato dalla Corte EDU nella sua formulazione. La richiesta del parere alla Corte EDU, da parte della Corte di Cassazione francese, origina dalla rimessione della decisione a quest’ultima, da parte della “Cour de rèexamen”, a cui i coniugi (parzialmente) vittoriosi a Strasburgo, facendo valere l’efficacia di cosa giudicata della sentenza della Corte Edu, chiesero la trascrizione nell’ordinamento francese del certificato di nascita anche in favore della madre d’intenzione, attraverso la richiesta di riesame del giudicato interno contrastante con la pronunzia della Corte Edu. Quest’ultima, con la decisione interlocutoria n. 638 del 5 ottobre 2018, ha quindi deciso di avanzare una richiesta di parere preventivo alla Grande Camera della Corte Edu, in forza del Protocollo n. 16 annesso alla Cedu, al fine di verificare la compatibilità del diritto vivente francese, nella parte in cui non consente la trascrizione dell’atto di nascita in favore della madre sociale. Nello specifico, l’Adunanza plenaria della Cassazione ha, quindi, chiesto di sapere se, attraverso la trascrizione nei registri dello stato civile del certificato di nascita di un bambino nato all’estero tramite maternità surrogata, a favore del solo padre donatore, lo Stato parte superi il margine di apprezzamento, valutato ai sensi dell’articolo 8 della CEDU e se, a tale proposito, sia necessario distinguere se il bambino sia concepito o meno con i gameti della madre sociale. La Cassazione ha poi chiesto se, in caso di risposta positiva a una delle due domande precedenti, lo strumento giuridico interno dell’adozione, ritenuto idoneo, dalle autorità francesi, a tutelare la situazione giuridico-familiare ed il rapporto tra il minore ed il genitore sociale, soddisfi o meno i requisiti dell’articolo 8 della CEDU. Il giudice di Strasburgo, investito del parere, fissa i criteri giuridico-legali idonei alla soluzione, sia del caso in esame, che per tutti i casi ad esso affini, precisando che l’affinità, deve risultare dagli elementi della fattispecie materiale, i quali devono risultare identici, escludendo quindi da tale orientamento, i casi in cui nella pratica della maternità surrogata, vengano utilizzati il materiale biologico della madre di intenzione, circoscrivendo in tal modo, l’importanza del legame biologico. Nella formulazione delle risposte, la Corte EDU, parte dalla contrapposizione tra l’interesse del minore e il margine di apprezzamento dello Stato, ribadendo che il primo, è superiore al secondo e che quindi il giudice deve valutare il caso concreto nell’ottica di assicurare la migliore tutela al minore. Infatti, sebbene si tratta di una materia che coinvolge mutevoli aspetti etico-sociali e per questo motivo, ne risulta ampliato il margine di apprezzamento statale, lo stesso deve necessariamente restringersi e conformarsi, quando si valutano situazioni giuridiche dove sono coinvolti diritti fondamentali, a quest’ultimi. Proprio al fine di tutelare e garantire effettività alla relazione tra genitore e figlio, la Corte ribadisce, che per non violare l’articolo 8, sia necessario fornire un riconoscimento legale di tale relazione, risultando del tutto irrilevante, sia la pratica svolta in se e contraria alla normativa francese, sia la particolarità che la madre risulti madre intenzionale, non avendo contribuito con il proprio apporto genetico alla pratica. Tutela che si rafforza, quando vi sia un legame genetico. A fronte della necessità di garantire legalmente la relazione tra il figlio ed il genitore d’intenzione, la Corte EDU, ritiene idoneo qualsiasi strumento giuridico, purchè quest’ultimo sia effettivamente in grado di assicurare gli stessi effetti prodotti dal riconoscimento legale  e che tale legittimazione avvenga in tempi idonei a non ledere diritto alcuno, quindi conferma la potenziale idoneità dello strumento dell’adozione, proposto dallo Stato francese. E’ sulla scia di tale soluzione giurisprudenziale, che la Corte di Cassazione, architetta la soluzione del caso, che abbiamo poc’anzi esaminato. Ed è sempre, su quanto espresso dalla Corte EDU nel parere in esame, che origina il più recente procedimento sul tema, che coinvolge sia giudici di primo grado e di appello, che la Cassazione, fino a giungere alla Corte Costituzionale. Il caso origina, dal rifiuto espresso dal Comune di Verona, di procedere a rettifica dell’atto di nascita riguardante il figlio, nato tramite maternità surrogata, di una coppia unita in matrimonio e formata da due uomini, riconosciuta in Italia come Unione civile, di cui entrambi i coniugi risultano legalmente genitori, così come espresso dalle autorità canadesi e di cui venne registrato in Italia come genitore, solo il padre biologico. A seguito del rifiuto di procedere alla rettifica così come da richiesta dei coniugi, quest’ultimi propongono ricorso, ex art. 702-bis c.p.c. alla Corte d’Appello di Venezia affinché dichiarasse, ai sensi dell’art. 67, l. 218/1995, l’esecutorietà in Italia della sentenza emessa dalla Superior Court of British Columbia. Con ordinanza del 16 luglio 2018, la Corte d’Appello di Venezia[xxvii] ha accolto il ricorso (negli stessi termini e riguardo ad un caso analogo, si è pronunciato il Tribunale di Roma che con sentenza 11 maggio 2018 ha ordinato la rettifica dell’atto di nascita in favore dell’inclusione come genitore anche del padre intenzionale, così come riconosciuti dalle autorità degli Stati Uniti) e ha accertato che la sentenza emessa dalla Corte Canadese possedeva i requisiti per il riconoscimento ai sensi dell’art. 67, l. 218/95. Nello specifico, la Corte di Appello di Venezia, esprime l’irrilevanza del mancato riconoscimento nella normativa interna, sia del matrimonio alle coppie omosessuali, che per tali coppie il divieto espresso di procedere alle tecniche di procreazione assistita, in relazione a diritti fondamentali quali, la tutela della vita privata e familiare dei coniugi da un lato e la tutela del rapporto genitoriale che coinvolge i medesimi ed il figlio, sulla base del principio dell’ordine pubblico internazionale, che è ritenuto concernere la tutela dei diritti fondamentali, riconosciuti generalmente e non anche la tutela di interessi interni. Contro la predetta ordinanza ha proposto ricorso in Cassazione l’Avvocatura di Stato, nell’interesse del Ministero dell’Interno e del Sindaco di Verona, sulla base di quattro motivi:

  1. Il difetto assoluto di giurisdizione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, c.p.c., stante l’assenza – nell’ordinamento giuridico nazionale – di una norma che legittimi una piena bigenitorialità omosessuale;
  2. la violazione dell’art. 95, d.P.R. 396/2000, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’oggetto del procedimento fosse il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero invece della richiesta della trascrizione dell’atto di nascita straniera, il cui rifiuto avrebbe dovuto essere impugnato con ricorso ai sensi del richiamato art. 95;
  3. la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. avendo la Corte d’Appello omesso di pronunciare sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva del padre intenzionale a rappresentare il minore;
  4. la violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 65, l. 218/1995, nonché degli artt. 18, d.P.R. 396/2000 e 5 e 12, commi 2 e 6, l. 40/2004, stante il contrasto dell’ordinanza impugnata con alcuni principi fondanti l’ordine pubblico (la nozione di filiazione intesa quale discendenza da persone di sesso diverso e il divieto di gestazione per altri).

Con controricorso, i coniugi hanno eccepito, nella loro qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sul minore, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso principale e hanno, altresì, proposto ricorso incidentale. La Corte di Cassazione, ha ritenuto, dopo aver esaminato il caso ed aver analizzato il diritto vivente, di sospendere il giudizio, rimettendo[xxviii] alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 6, l. 40/2004, 18 d.P.R. n. 396/2000, nonché dell’art. 64, comma 1, lett. g), l. 218/1995, nella parte in cui non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, consolidatasi a seguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 12193/2019, la possibilità di riconoscere, ai fini della relativa efficacia in Italia, i provvedimenti giurisdizionali stranieri volti ad accertare lo status genitoriale del genitore d’intenzione, non biologico, nei confronti di un minore nato a seguito di gestazione per altri e conseguentemente, il suo diritto ad essere riconosciuto come tale nell’atto di nascita straniero, quindi in netto contrasto con gli articoli 2, 3, 30, 31.117 comma 1 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 CEDU e agli articoli  2, 3 (che impone sia accordata «considerazione primaria» agli interessi dei minori nelle «azioni che li riguardano»), 7, 8, 9 e 18 della Convenzione 20 novembre 1989 delle Nazioni Unite sui diritti dei minori. A motivo della decisione di rimettere la questione alla Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione adduce che, la normativa interna e il diritto vivente interno, nella specie, la pronuncia a sezioni unite della Cassazione sul tema nella sentenza n. 12193/2019, sia in contrasto, non solo con quanto espresso dalla Corte EDU nel parere, ma anche con i principi fondamentali costituzionali. L’ergere il divieto di maternità surrogata a principio di ordine pubblico internazionale, è fuorviante e non corretto, perché essendo frutto di una legge ordinaria, il divieto è espressione della discrezionalità legislativa, la quale non assicura una tutela adeguata al diritto fondamentale del minore alla conservazione dello status acquisito e quindi al mantenimento del rapporto giuridico legale con il genitore di intenzione, a maggior ragione, se tale divieto non viene calato nel caso concreto. Inoltre, ravvisa l’inadeguatezza della normativa interna, che offrendo come strumento alternativo, il solo ricorso all’adozione nei casi particolari, ex articolo 44 lett. D. della legge 184/1983, non garantisce l’equiparazione della tutela giuridica che invece offre il riconoscimento della genitorialità nell’atto di nascita, in quanto la prima, non configura un vero e proprio rapporto genitoriale. Conclusione condivisa dalla recente ordinanza della Corte Costituzionale del 2020, attraverso la quale ha lanciato un monito al legislatore, ancora non accolto, di provvedere al fine di assicurare l’effettività della tutela del minore.

  1. Conclusione

Si è partiti da una situazione interpretativa incerta ed impeditiva, non solo per quanto riguarda i rapporti costitutivi delle fattispecie di genitorialità riguardanti coppie dello stesso sesso e conseguente step successivo del ricorso a pratiche di procreazione vietate, ma anche nei confronti delle stesse situazioni verificatesi in Stati diversi, dove il sistema normativo è in tal senso permissivo o meglio ancora evoluto positivamente, per poi giungere ad una graduale apertura nei confronti di quest’ultimi. Tale graduale apertura, consentita anche grazie all’impulso della Corte EDU sul tema, da ciò che è emerso dall’analisi della giurisprudenza interna, può dirsi parziale. Se allo stato attuale, può dirsi generalmente accolto il principio di tutela del minore e della genitorialità femminile, lo stesso non può ancora dirsi delle coppie formate da soli uomini. Il focus dell’analisi giurisprudenziale sul tema si arresta di fronte a due realtà giuridico-fattuali, la tutela dell’ordine pubblico, per cui è ritenuto non superabile il divieto di maternità surrogata e la condizione naturale che impedisce il fatto naturale della procreazione, appartenente alla coppia formata da due uomini. Tali condizioni, sarebbero facilmente superate, se nella valutazione delle medesime si seguisse, come parametro, il principio di ordine pubblico internazionale, così facendo infatti, ciò che avrebbe rilievo, sarebbe la tutela dei diritti fondamentali e perciò stesso, la tutela del diritto alla genitorialità tout court sia in relazione ai coniugi che al bambino. Seguendo, invece, nell’analisi di tale situazione giuridica, i postulati che sono ritenuti validi per definire l’ordine pubblico interno, ci si deve necessariamente confrontare anche con le norme giuridiche, che per l’importanza della materia trattata, vengono considerate invalicabili. Garantire che venga rispettato il divieto di maternità surrogata, significa infatti, assicurare anche la tutela del minore, il quale si troverebbe a vivere in una posizione di totale incertezza. Tale conclusione deve però, essere vagliata alla luce dei progressi scientifici e giuridici avvenuti nel corso del tempo e soprattutto, bisogna valutare se una simile impostazione sistemica, sia realmente e concretamente coerente con i principi costituzionali e con la tutela dei diritti fondamentali. Ciò che  può definirsi certo, ormai giunti alla fine del percorso evolutivo giurisprudenziale sul rapporto tra il diritto alla genitorialità ed il principio di ordine pubblico, è che quest’ultimo non può essere inteso in senso limitativo del primo. Considerare l’ordine pubblico, nella sua visione d’origine, cioè come limite, non solo interno, ma soprattutto limite per la normazione esterna, significherebbe vanificare il concetto stesso o peggio ancora, vanificare il senso giuridico del nostro ordinamento. Superato tale step, è importante considerare i diversi effetti giuridici che sono ricollegati ai diversi concetti di ordine pubblico. Dalla scelta della consistenza del principio, dipendono la produzione o meno degli effetti ricollegati a quelle situazioni giuridiche sconosciute o vietate nel nostro ordinamento. Infine, si può  affermare che, se esiste un diritto alla genitorialità, questo non può essere negato o fortemente limitato in base al tipo di formazione familiare, o peggio ancora, in base al sesso. Data questa certezza, di fronte ad un caso di genitorialità di coppia maschile realizzata tramite maternità surrogata, è giuridicamente corretto parlare di tutela di ordine pubblico e quindi negare la validità dell’atto di nascita costituito all’estero e vanificare allo stesso tempo il rapporto a cui fa riferimento legale o sarebbe legalmente corretto parlare di tutela della vita familiare e dei diritti fondamentali dell’uomo in quanto tale e della sua sfera privata e della tutela della sfera privata e familiare del nato, il quale ha già di fatto e per legge il suo nucleo familiare di appartenenza?

NOTE

[i]     Sesta M., La crisi genitoriale tra pluralità di modelli di coppia e di regole processuali, in Famiglia e diritto, 2017, fasc. 12 pag. 1145 – 1151;

Sesta M., Famiglia e figli in europa: i nuovi paradigmi, in Famiglia e diritto, 2019, fasc. 11  pag. 1049 – 1054; 1054;

Dogliotti M., La disciplina della famiglia tra diritto civile e penale (Nota a Pret. Potenza 11 dicembre 1983), in Giurisprudenza di merito, 1985, fasc. 6  pag. 1198 – 1203.

[ii]    Amagliani R., La nuova disciplina della filiazione (etichette, formule magiche e principi nel diritto di famiglia), in Giustizia civile, 2018, fasc. 4  pag. 1023 – 1037;

Gorassini A., Un nuovo fonema giuridico: figlio. lo stato unico di figlio nel tempo dell’eclissi del diritto civile, in Europa e diritto privato, 2018, fasc. 2  pag. 385 – 398;

Caggia F., Il linguaggio del “nuovo” diritto di filiazione, in Rivista critica del diritto privato, 2015, fasc. 2  pag. 235 – 258; 258;

Porcelli M., Lo stato unico di figlio, in Rassegna di diritto civile, 2014, fasc. 3  pag. 959 – 962.

[iii]   Berloco D., Nascita mediante procreazione medicalmente assistita. sintetico quadro riepilogativo della problematica al momento, in Lo Stato Civile Italiano, 2020, fasc. 5 pag. 4 – 13;

Sartea C., Procreazione medicalmente assistita, in Iustitia, 2019, fasc. 2  pag. 21 – 24;

Cautela A., LEGGE N. 40/2004: L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sulla normativa in materia di procreazione medicalmente assistita, in Diritto Pubblico Europeo Rassegna online, 2018, fasc. 2  pag. 106 – 139.

[iv]    Diquattro C., La tutela del diritto del minore alla conservazione del rapporto affettivo con il genitore sociale (Nota a sent. Trib. Como 13 marzo 2019), in Famiglia e diritto, 2020, fasc. 2pag. 140 – 144;

Irti C., Persona minore di età e libertà di autodeterminazione, in Giustizia civile, 2019, fasc. 3  pag. 617 – 649;

Locatello D. M., “Favor minoris” e azione di disconoscimento della paternità: lo strumento dell’ascolto (Nota a Cass. sez. I civ. 3 aprile 2017, n. 8617), in il Corriere giuridico, 2018, fasc. 5 pag. 622 – 631;

Corapi G., La tutela dell’interesse superiore del minore, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2017, fasc. 3  pag. 777 – 799;

Mandato, F., La tutela del minore. Codice civile, riforma del diritto di famiglia, uguaglianza dei figli, altalex.com, 2009.

[v]     Corte Costituzionale, Sentenza n. 162/2014, su www.cortecostituzionale.it.

[vi]    Cit. Corte Costistuzionale, sentenza n. 278 del 2013, con cui ha dichiarato l’incostituzionalità parziale del comma 7 dell’articolo 28 della legge 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1, del DPR 396/2000, ai fini di una eventuale revoca dell’anonimato, corte costituzionale.it.

[vii]   Lucia Busatta, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Dickson v. UK: PMA 4 dicembre 2007, In un caso riguardante l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per un detenuto e la consorte, la Corte ha rilevato la violazione dell’art. 8 CEDU da parte del Regno Unito per non aver garantito tale diritto ai ricorrenti, biodiritto.org, 2007;

Grand chamber judgment dickson v. the united kingdom, hudoc.echr.coe.int, 4.12.2007.

[viii]  Liberali B., Il divieto di maternità e le conseguenze della sua violazione: quali prospettive per un eventuale giudizio costituzionale?, in Osservatorio costituzionale, 2019, fasc. 5  pag. 197 – 219;

Niccolai Silvia, Alcune note intorno all’estensione, alla fonte e alla “ratio” del divieto di maternità surrogata in italia, in GenIUS, 2017, fasc. 2  pag. 49 – 59.

[ix]    Corte costituzionale, sentenza n. 272 del 2017, in giurcost.org;

Tomasi M., Corte costituzionale – sent. 272/2017: gestazione per altri, interesse del minore e certezza degli status, biodiritto.org, 2017;

Sportelli O., Nota a Corte Costituzionale, Sentenza 18 dicembre 2017, n. 272, ildirittoamministrativo.it.

[x]     Luna S., Turismo procreativo: “mater semper certa est?“, (Nota a Corte eur. Dir. Uomo Grande camera 24 gennaio 2017 (Paradiso e Campanelli c. Italia)), in Rassegna Avvocatura dello Stato, 2017, fasc. 4 pag. 124 – 168.

[xi]    Tomasi M., Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Mennesson e Labassee v. Francia: diritto dei figli nati da maternità surrogata ad ottenere il riconoscimento del rapporto di filiazione da parte delle autorità statali, biodiritto.org, 2014;

Danisi C., Superiore interesse del fanciullo, vita familiare o diritto all’identità personale per il figlio nato da una gestazione per altri all’estero? L’arte del compromesso a Strasburgo, articolo29, 2014;

Tonolo S., Identità personale, maternità surrogata e superiore interesse del minore nella più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, core.ac.uk;

Lo Giudice M., Nota a: Tribunale Milano, 08 aprile 2014, Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), fasc.4, 2014, pag. 1488.

[xii]   Campiglio C., La genitorialità nelle coppie same-sex: un banco di prova per il diritto internazionale privato e l’ordinamento di stato civile, Corte Suprema di Cassazione, cortedicassazione.it, 2018;

Figone A., Divieto di riconoscimento nello Stato italiano di ipotesi di maternità surrogata. Commento alla sentenza n. 24001 dell’11 novembre 2014 della Corte di Cassazione, Rivista Minorigiustizia , 2015 Fascicolo: 2, P. 221-225;

Salone B., La maternità surrogata in italia: profili di diritto interno e risvolti internazional-privatistici,in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2016, fasc. 2;

Distefano M., Maternità surrogata ed interesse superiore del minore: una lettura internazionalprivatistica su un difficile “puzzle” da ricomporre, in Genius 2015 , fasc. 1;

Vesto A., La maternità surrogata: cassazione e cedu a confronto, in Famiglia e diritto, 2015, fasc. 3  pag. 306 – 312;

Renda A., La surrogazione di maternità ed il diritto della famiglia al bivio, Europa e Diritto Privato, fasc.2, 2015, pag. 415;

Fioretti F., Maternita’ surrogata e adozione del minore: sentenza della Corte di Cassazione. Confermato il divieto di maternita’ surrogata. Per la Cassazione (Sent. 24001/14) il bambino è da considerare in stato di abbandono e, quindi, adottabile, professionegiustia.it,2014;

Corte di Cassazione, sentenza 26 settembre -11 novembre 2014, n. 24001- Sul divieto di riconoscimento nello Stato italiano di ipotesi di maternità surrogata (13.11.14), minoriefamiglia.org.

[xiii]  Cit. Nota di Giuseppina Mattiello, Altalex, 17 novembre 2014.

[xiv]  Winkler M.M., Senza identità: il caso Paradiso e Campanelli c. Italia, articolo29.it, 2015;

Masciotta C., L’allontanamento del minore come “extrema ratio” anche in caso di maternità surrogata: la corte di strasburgo condanna l’italia per violazione della vita familiare (Nota a Corte eur. Dir. Uomo sez. II 27 gennaio 2015 (Paradiso e Campanelli c. Italia)), in Rivista AIC, 2015, fasc. 4;

Viviani A., Il caso paradiso e campanelli ovvero la corte europea contro i “pregiudizi” dei giudici nazionali, sidiblog.org, 2015.

[xv]   Feraci O., Ordine pubblico e riconoscimento in italia dello “status” di figlio “nato da due madri” all’estero: considerazioni critiche sulla sentenza della corte di cassazione N. 19599/2016, in Rivista di diritto internazionale, 2017, fasc. 1 pag. 169 – 181;

Zignani F., La maternità surrogata l’omogenitorialità e la trascrivibilità di atti stranieri. cedevolezza o nuova nozione del principio di ordine pubblico?, in Temi romana, 2017, fasc. 3.

[xvi]  Castellaneta M., Commento alla sentenza della Corte di Appello di Bari del 19/02/2009, in famiglia e minori, fasc.n.5 Maggio 2009.

[xvii] Poli M., L’evoluzione normativa e giurisprudenziale della gestazione per altri nel Regno Unito, biodiritto.org, 2019

[xviii] Gattuso M., Minore nato da due donne in Spagna: l’atto di nascita può essere trascritto in Italia, articolo29.it, 2015.

[xix]  Trib. Varese 8.10.2014, testo in archiviodpc.dirittopenaleuomo.org; anche in ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/11705.pdf.

[xx]   Schillaci A., Passo dopo passo, il diritto si avvicina alla vita: la Corte d’Appello di Milano ordina la trascrizione dell’atto di nascita di due gemelli nati grazie alla gestazione per altri, articolo29.it, 2017.

[xxi]  Palmeri G., (Ir)rilevanza del legame genetico ai fini della trascrivibilità del certificato di nascita redatto all’estero a favore di una coppia “same sex”, (Nota a Cass. sez. I civ. 15 giugno 2017, n. 14878), in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2017, fasc. 12  pag. 1708 – 1718;

Giacomelli L., Tutela dei minori e pragmatismo dei giudici: verso il riconoscimento delle “nuove” forme di filiazione e genitorialità, in Osservatorio costituzionale, 2018, fasc. 3;

Berloco D., Il figlio di due mamme – assenza di contrarietà all’ordine pubblico – pronuncia della cassazione n. 14878 del 15 giugno 2017 – il ruolo dell’ufficiale dello stato civile, in Lo Stato Civile Italiano, 2017, fasc. 11  pag. 8 – 15;

Casaburi G., (In tema di genitorialità omosessuale), (Nota a Cass. sez. I civ. 15 giugno 2017, n. 14878; Cass. sez. I civ. 16 giugno 2017, n. 14987), in Il Foro italiano, 2017, fasc. 7-8 pag. 2289 – 2291;

Calviglioni R. , Nascita all’estero da genitori dello stesso sesso: dalla giurisprudenza recente al ruolo dell’ufficiale di stato civile nella trascrizione dell’atto, in Famiglia e diritto, 2017, fasc. 11  pag. 1051 – 1060.

[xxii] Falletti E., VIta familiare e vita privata nel caso paradiso e campanelli di fronte alla grande camera della corte di strasburgo, (Nota a Corte eur. Dir. Uomo Grande camera 24 gennaio 2017 (Paradiso e Campanelli c. Italia)), in Famiglia e diritto, 2017, fasc. 8-9  pag. 729 – 739;

Viviani A., “Paradiso e campanelli” di fronte alla grande camera: un nuovo limite per le “famiglie di fatto”?, (Nota a Corte eur. Dir. Uomo Grande camera 24 gennaio 2017 (Paradiso e Campanelli c. Italia)) in GenIUS, 2017, fasc. 1;

Masciotta C., La “grand chambre” pone un freno alla forza espansiva della “vita familiare”: uno stop all’attivismo giudiziario in tema di maternità surrogata nel caso “paradiso e campanelli contro italia”, (Nota a Corte eur. Dir. Uomo Grande camera 24 gennaio 2017 (Paradiso e Campanelli c. Italia)) in Osservatorio costituzionale, 2017, fasc. 2;

Penasa S., Il caso paradiso e campanelli c. italia: verso modelli familiari “a geometria variabile”? in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2017, fasc. 1.

[xxiii] Nozione europea di vita familiare, la cui esistenza o meno è “essenzialmente una questione di fatto che dipende dalla sussistenza di legami personali stretti tra i soggetti che appartengono ad un certo nucleo familiare” cit., sulla scorta di molte pronunce della Corte EDU, tra le quali sono da richiamare  almeno le seguenti: Corte Edu, caso Marckx v. Begium, 13 giugno 1979, ric. n. 6833/78;

Corte Edu, caso Mikulic v. Croazia, 7 febbraio 2002, ric. n. 53176/99; CorteEdu 27 aprile2010, Moretti e Benedetti c. Italia, ric. n.16318/2007;

Corte Edu, 26 giugno 2014, Mennesson c. France, ric. n. 65192/11, Corte Edu 26 maggio 2014, Labassee c. France, ric. n. 65941/11;

Corte Edu 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia, ric. n. 25358/2012; Corte Edu, Grande Camera, 24 gennaio 2017, Paradiso e Campanelli c. Italia, ric. n. 25358/12, tutte in www.echr.coe.int.

[xxiv] Perlingieri G., Ordine pubblico e identità culturale. le sezioni unite in tema di c.d. maternità surrogata, (Nota a sent. Cass. civ. sez. un. 8 maggio 2019 n. 12193), in Diritto delle successioni e della famiglia, 2019, fasc. 2 pag. 337 – 345;

777Recinto G., Con la decisione sulla c.d. maternità surrogata le sezioni unite impongono un primo “stop” al “diritto ad essere genitori”, (Nota a sent. Cass. civ. sez. un. 8 maggio 2019 n. 12193), in Diritto e religioni, 2019, fasc. 1 pag. 560 – 568.

[xxv] Paruzzo F., “Status filiationis” e assenza di legame genetico. la corte d’appello di trento riconosce la validità del certificato di nascita di due gemelli nati in seguito al ricorso alla maternità surrogata da parte di due uomini, (Nota a ord. App. Trento sez. I civ. 23 febbraio 2017), in Osservatorio costituzionale, 2017, fasc. 2;

Sandulli S., Duplice paternità e ordine pubblico alla luce del “best interest of the child”: la parola alle sezioni unite, (Nota a App. Trento sez. I 23 febbraio 2017), in Familia, 2018, fasc. 2  pag. 171 – 194.

[xxvi] Gattuso M., Certezza e tempi “breves que possible” per trascrizioni e adozioni in casi particolari dopo il parere Cedu 10/4/2019, in articolo29.it, 2019.

[xxvii] Schillaci A., Due padri: da Venezia un’altra importante conferma, in articolo29.it, 2018.

[xxviii] Zamperini R., Cassazione civile sez. I, 29/04/2020, n.8325, Il divieto di maternità surrogata: riconoscimento del rapporto con il genitore intenzionale e best interest of the child, in GiustiziaCivile.com, 30 luglio 2020.

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