Stop all’attribuzione illegittima di incarichi dirigenziali nelle Amministrazioni finanziarie
(di Debora Mirarchi)
Il 17 marzo 2015 è destinata a rimanere una data che difficilmente potrà essere dimenticata non solo da molti dirigenti dell’Amministrazione finanziaria ma anche da ancor più numerosi contribuenti.
La Corte Costituzionale, con una sentenza destinata a produrre effetti ancora incerti ma sicuramente senza precedenti, ha, in buona sostanza, annullato circa 1.200 nomine dirigenziali conferite a numerosi funzionari al vertice dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dell’Agenzia del territorio ai sensi dell’art. 8, comma 24, D.L. 2 marzo 2012, n. 16.
La citata disposizione normativa, al fine di rispondere “all’esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volta a garantire una efficacia attuazione delle misure di contrasto all’evasione”, aveva previsto che “l’Agenzia delle entrate, salvi gli incarichi già affidati, potrà attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso”.
In buona sostanza, ai sensi del novellato articolo, la necessità di assicurare la copertura di posizioni dirigenziali rimaste vacanti, ha legittimato, negli anni, l’affidamento da parte dell’Amministrazione finanziaria di tali incarichi a dirigenti nominati con contratti a tempo determinato con buona pace della generale regola del concorso pubblico.
La Corte Costituzionale, con la sentenza de qua, ha dichiarato l’illegittimità di tali nomine dirigenziali poiché in palese contrasto con i presupposti di temporaneità e straordinarietà che consentono la deroga al citato generale principio in base al quale il conferimento dell’incarico (non solo, si badi bene, di natura dirigenziale) nell’ambito delle pubbliche amministrazioni segue il previo espletamento del concorso pubblico.
Questo il principio che governa l’attribuzione di incarichi nel pubblico impiego “ricordato” dalla Corte Costituzionale: “nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di un’amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso”.
Ciò significa che tutti gli atti impositivi e gli atti che da essi promanano, sottoscritti da tali dirigenti la cui nomina è stata dichiarata illegittima, dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere dichiarati inesistenti ab origine in quanto emessi da parte di soggetti di fatto privi del relativo potere.
Ma così, forse, non sarà.
Fermi tutti i rapporti ormai definiti, in relazione ai quali il Governo sembra aver messo una pietra tombale, rimangono numerose incertezze sulle sorti di eventuali contenziosi ancora pendenti innanzi alle competenti Commissioni tributarie.
Unica certezza, al momento, è che si dovrà fornire una risposta alle istanze dei numerosissimi contribuenti che, negli anni, sono stati raggiunti da avvisi di accertamento emessi da soggetti nominati illegittimamente.
Corte Costituzionale, Sentenza n. 37 del 2015